Gela. Venne sentito dagli investigatori che intanto avevano riaperto il “cold case” della scomparsa di Rosaria Palmieri, la giovane finita nel nulla trentadue anni fa e i cui resti non sono mai stati trovati. A Francesco Cafà sarebbe stato chiesto di parlare dei rapporti tra il bracciante Vincenzo Scudera (ex marito della Palmieri e lo scorso marzo condannato in via definitiva per l’omicidio) e lo stiddaro Carmelo Riggio, le cui dichiarazioni furono molto importanti nel ricostruire la fine della giovane. Cafà, legato a Scudera da rapporti di amicizia, avrebbe però fornito una versione non veritiera, forse per coprire il bracciante. Ne deve rispondere a processo, davanti al giudice Ersilia Guzzetta. E’ accusato di falsa testimonianza. La difesa, sostenuta dall’avvocato Davide Anzalone, esclude che le dichiarazioni fornite dall’imputato fossero dirette a sviare gli investigatori, che alla fine arrivarono all’arresto di Scudera, che intanto si era rifatto una vita nelle Marche. In aula, è stato sentito il capitano dei carabinieri che partecipò alle indagini, coordinate dai pm della procura.
C’era anche lui quando l’imputato venne convocato per rilasciare dichiarazioni, in qualità di persona informata sui fatti. Sono stati esaminati i verbali redatti al momento dell’interrogatorio e il militare ha risposto alle domande del pm Sonia Tramontana. Il pubblico ministero ha anche ripercorso la strada processuale che negli scorsi mesi ha portato alla condanna all’ergastolo di Scudera, diventata definitiva con la pronuncia della Corte di Cassazione. Cafà, invece, potrebbe essere sentito in aula il prossimo novembre.