Gela. In una fornace a Spinasanta sarebbero stati bruciati oli di scarto, con emissioni irregolari. Dopo gli accertamenti, a processo sono finiti i tre titolari della società che controlla l’impianto. Si tratta di un’attività a conduzione familiare, che ricomprende un altro impianto nella zona di contrada Bitalemi. Le presunte irregolarità, però, sono state accertate solo a Spinasanta. I controlli partirono dopo la denuncia di uno dei lavoratori, che intanto era stato licenziato. “Per sedici anni abbiamo respirato quei fumi – ha detto rispondendo alle domande del pm Sonia Tramontana – io stesso chiesi di capire che tipo di oli fossero. Ci dicevano che arrivavano da Ragusa. Erano molto scuri. Non avevamo protezioni, se non i guanti per traportare il prodotto”. Secondo l’ex dipendente, chi si opponeva a lavorare in quelle condizioni, veniva invitato ad andare via. “Dopo anni, ci hanno licenziati – ha continuato – preferendo assumere personale di nazionalità romena”. I tre imputati, difesi dagli avvocati Fabrizio Ferrara e Francesco Cagnes, hanno sempre sostenuto di aver rispettato le norme a tutela dell’ambiente, negando violazioni.
Le difese non escludono che le denunce, presentate dopo anni, possano leggersi nell’ottica di un possibile risentimento verso i proprietari, a seguito dei licenziamenti. Il lavoratore sentito, però, ha descritto nei dettagli le presunte violazioni. Gli scarti di mattoni e tegole sarebbero stati usati anche per la copertura di strade rurali, che servivano da collegamento verso gli impianti dell’azienda. In aula, è stato sentito un altro operaio che lavorò alle dipendenze della società, che però ha spiegato di essere stato impiegato nell’impianto di contrada Bitalemi.
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