Inchiesta “Donne d’onore”, gli ordini di Liardo dal carcere: in aula investigatore

 
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Immagini di repertorio

Gela. Sarebbe riuscito a comandare anche dal carcere. Il quarantaquattrenne Nicola Liardo è ritenuto il riferimento principale dell’inchiesta “Donne d’onore”, adesso arrivata a dibattimento, davanti al collegio penale del tribunale. A tracciarne i contorni salienti è stato uno dei carabinieri che la coordinò. Ha ricostruito la rete dei rapporti intessuta da Liardo, soprattutto in carcere. I contatti più frequenti sarebbero stati quelli con esponenti della criminalità catanese, al punto da consentirgli rifornimenti di droga, attraverso i familiari in libertà. A loro sarebbero stati destinati gli ordini che giungevano dal carcere. Droga e presunte richieste estorsive furono al vaglio dei carabinieri del reparto territoriale. Gli ordini impartiti da Liardo sarebbero stati eseguiti proprio dai familiari. A processo, ci sono anche Monia Greco, Giuseppe Liardo, Dorotea Liardo, Salvatore Raniolo, Calogero Greco, Carmelo Martines e Giuseppe Maganuco. I carabinieri fecero luce sul loro ruolo attivo. Avrebbero fatto recapitare richieste estorsive ad esercenti locali, sempre dietro indicazione di Liardo.

L’inchiesta si è intrecciata con quella “Cruis”, perché a tirare le fila di presunti affari illeciti sarebbero stati sempre alcuni familiari del quarantaquattrenne. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giacomo Ventura, Flavio Sinatra, Carmelo Tuccio, Davide Limoncello, Cristina Alfieri, Francesco Enia, Antonio Impellizzeri e Maurizio Scicolone.

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