Gela. E’ passato un anno e, fino ad oggi, non c’è stata alcuna decisione dei giudici della Corte d’appello di Caltanissetta, che nel giugno 2018 si erano riservati di valutare la vicenda del trentacinquenne Antonio La Perna. Entrò poco più che ventenne in un ospedale psichiatrico giudiziario, per uscirne solo nove anni dopo, con gravissime conseguenze fisiche e psicologiche. Un “ergastolo bianco” il suo, come lo definì l’allora direttore dell’opg di Reggio Emilia (dove era stato trasferito) in una missiva indirizzata all’ex ministro della giustizia Andrea Orlando. Salvatore La Perna, padre del trentacinquenne, fu tra i primi a sollevare il caso del figlio, costretto all’internamento negli opg, nonostante medici e specialisti avessero più volte accertato che le sue condizioni non erano compatibili con la permanenza in quelle strutture. Tutto iniziò con la denuncia di una presunta estorsione (circa venti euro) che il giovane gelese avrebbe imposto alla nonna. Accuse poi ritirate dalla donna, ma da allora il calvario non ebbe più fine. Un lungo peregrinare tra gli opg della penisola, mentre il legale che lo assiste, l’avvocato Concetta Di Stefano, tentava di ottenere una misura alternativa, facendo leva sulla documentazione medica e sulle relazioni degli esperti che seguivano La Perna, concordi nel sostenere che non potesse rimanere in un ospedale psichiatrico giudiziario.
Dopo nove anni, con tutte le contestazioni penali cadute, arrivò il ritorno in liberà, ma le conseguenze sono state pesanti e ancora oggi La Perna deve convivere con i gravi strascichi del suo passato negli opg. Il suo legale si è rivolta ai giudici della Corte d’appello di Caltanissetta, chiedendo che venissero riconosciuti l’ingiusta detenzione e un adeguato risarcimento. Sono stati prodotti interi faldoni di atti e relazioni mediche. Dopo un anno, però, i giudici non si sono ancora pronunciati e il legale di La Perna, a questo punto, potrebbe presentare un’istanza di sollecito.