Gela. Ha minacciato di suicidarsi, tentando di lanciarsi nel vuoto dal tetto del tribunale di Caltanissetta finendo con l’accendere i riflettori su sé stesso. Si sente vittima di un pasticcio giudiziario che in pochi mesi ha portato alla chiusura della sua attività commerciale in amministrazione giudiziaria. Il calvario per Fabio Stimolo inizia quando a seguito di un controllo degli ufficiali dei Monopoli di Stato viene ordinata la chiusura della sua attività commerciale, già nelle mani di un amministrazione giudiziario a seguito di un’inchiesta. “Sono andato lì – dice – perché questa vicenda mi ha psicologicamente distrutto. Volevo creare un canale di comunicazione con queste persone. Non è un gesto da giustificare. Sono convinto che per loro sia solo un cavillo, ma la mia vita personale è stata distrutta. Adesso, sarà il tempo a dare risposte”.
Un figlio e una moglie da mantenere, con una serie di utenze da onorare compreso l’affitto di casa. Sommerso dalle cartelle esattoriali ha perso il lume della ragione fino all’epilogo di ieri. “Non ho più un lavoro, ho tanti debiti da onorare a causa dell’attività che gestivo. Ho una grave malattia psicologica e spero di poter arrivare ad avere risposte – continua – è come se lo Stato, che ho sempre considerato un padre, un giorno abbia deciso di darmi una coltellata. Facciamo il processo, ma permettetemi di vivere. Oggi, invece, l’attività non c’è più e anche se venissi assolto mi troverei con un pugno di mosche in mano. Ho fatto un investimento e avevo ragione. C’era un fatturato triplicato e adesso invece non ho più niente”.