Gela. Parla ormai da ex consigliere comunale, dopo aver deciso di non ricandidarsi, e spiega subito che non chiederà “la testa di nessuno” dei dirigenti locali del Pd. Guido Siragusa, che avrebbe dovuto fare l’assessore in quota dem nella giunta del “civico” Lucio Greco, pare non avere troppi rimpianti. “Ho scelto di non ricandidarmi perché ritengono che non si possa fare il consigliere a vita o il candidato a vita – dice – non so cosa sia successo dopo la notte della scelta degli assessori, ma evidentemente qualcosa è accaduto”. La sua designazione è stata depennata poche ore prima del deposito delle liste ufficiali. “La lista del Pd ha avuto chiaramente una battuta d’arresto – continua – spero che da lunedì in poi chi si deve assumere le responsabilità lo faccia fino in fondo”. E’ stato tra i pochi, prima che iniziasse la fase “calda” delle trattative, a proporre la via delle primarie interne e della corsa con un candidato dem. Alla fine, la segreteria di Peppe Di Cristina ha accettato l’intesa con il “civico” Lucio Greco, insieme a Forza Italia del deputato regionale Michele Mancuso. “Non conosco vittorie senza sconfitte – aggiunge – ho apprezzato la scelta del Movimento cinque stelle di presentarsi solo con la propria lista. Sono anche convinto che grillini e Pd siano destinati a ragionare insieme, salvo che non vogliano rimanere perennemente all’opposizione. Se in una coalizione ci sono Pd e Forza Italia, ci vogliono i simboli e soprattutto devono rappresentare le loro politiche nell’alleanza. Si poteva lavorare su ogni tipo di accordo, ma partendo dalla nostra politica”.
Siragusa continuerà la sua esperienza nel Pd locale e dopo il ballottaggio, indipendentemente dall’esito elettorale, si inizierà a parlare di successione a Peppe Di Cristina. Andando oltre la questione strettamente politica, il monito duro lo lancia a chi vorrà recepirlo. “La campagna elettorale ha cancellato temi importanti in questa città – conclude – la sicurezza, ma soprattutto la lotta alla criminalità organizzata. Bisogna tenere il Comune lontano dalle infiltrazioni mafiose. Invece, sembra come se vivessimo in una città normale e non siamo in una città normale. C’è paura di dirlo. Fino a dieci anni fa, Gela era riconosciuta come una delle città più mafiose d’Italia. Tutto questo non si cancella da un momento all’altro. Chiedo ai due candidati di parlare di questi temi. Un baluardo è stato posto e non vorrei che cadesse sull’onda del consenso elettorale da ottenere a tutti i costi. La città non si deve riappropriare di vecchie abitudini, definiamole così”.