Gela. Davanti all’ennesima emergenza rifiuti, nel luglio di un anno fa l’ex sindaco Domenico Messinese decise misure straordinarie, reintroducendo i servizi aggiuntivi ed imponendo a Tekra una serie di interventi per la rimozione dei cumuli sparsi ovunque e un’intensificazione dei controlli. Quell’ordinanza, però, era illegittima. L’ex primo cittadino la bloccò poche ore prima di incassare la sfiducia dal consiglio comunale. Gli imprenditori della Tekra, che continua a gestire il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti in città, si sono rivolti ai giudici del Tar Palermo che hanno decretato l’illegittimità del provvedimento. Per i giudici, non ci sarebbero stati i necessari presupposti. Né quello dell’urgenza né quello della copertura finanziaria. L’ordinanza venne firmata nonostante mancassero certezze sui fondi disponibili, da versare poi all’azienda campana. “Come puntualmente dedotto dalla parte ricorrente, l’ente locale ha fatto un uso distorto del potere extra ordinem”, scrivono i giudici palermitani. “Il Comune ha ordinato alla ricorrente di effettuare prestazioni di servizi aggiuntivi, precedentemente ridotti dall’ente locale proprio per la carenza di risorse finanziarie – si legge in un altro passo della motivazione – tale circostanza di fatto, peraltro non efficacemente contestata dalla difesa del Comune, già di per sé disvela la carenza del presupposto indefettibile richiesto dalla normativa statale per i provvedimenti contingibili e urgenti, consistente nella necessità di fronteggiare situazioni straordinarie e imprevedibili e di immediato pericolo”. I magistrati del Tar hanno accolto il ricorso anche sul punto della mancanza di una copertura finanziaria. “Il provvedimento impugnato ha sostanzialmente imposto alla ricorrente di continuare a rendere il servizio di raccolta rifiuti – si legge ancora – ampliandone l’oggetto attraverso la riattivazione anche di taluni servizi integrativi, senza alcuna previsione della copertura finanziaria, come si evince dalla mera lettura dello stesso provvedimento”.
Nonostante la conclamata illegittimità dell’atto, allora firmato da Messinese, i giudici non hanno però accolto la richiesta di risarcimento formulata dai legali della società campana. “Contrariamente a quanto prospettato dalla ricorrente – il presunto danno subito a causa del provvedimento illegittimo non può coincidere sic et simpliciter con il corrispettivo per i servizi svolti, unico dato indicato dalla predetta ai fini della determinazione del danno risarcibile; laddove, tale profilo attinente al compenso per il servizio reso, che, come già rilevato, attiene al diverso ambito di attribuzione del giudice ordinario – concludono – d’altro canto non risulta dagli atti di causa che la ricorrente abbia richiesto l’attivazione del procedimento di riconoscimento del debito fuori bilancio. Sotto tale profilo, non convince l’invocata applicazione dell’art. 191, co. 3, del d. lgs. n. 267/2000, il quale, all’evidenza, si riferisce esclusivamente ai lavori pubblici di somma urgenza, ipotesi specifica appositamente disciplinata e, del resto, agganciata specificamente alla copertura finanziaria nei limiti delle accertate necessità per la rimozione dello stato di pregiudizio alla pubblica incolumità”. Nella sentenza, inoltre, viene esclusa la competenza amministrativa sulla richiesta di ottenimento del compenso per le attività svolte dall’azienda.