Gela. “Essere figlia di un mafioso al 41 bis é come una condanna. Per un’adolescente di 16 anni, portare il cognome di un pregiudicato di una certa caratura, é un peso terribile. Una comunità può dimostrare la sua civiltà, anche offrendo un lavoro alla madre, vittima inconsapevole, come la figlia, delle malefatte del proprio uomo”. Lo scriveva il 26 marzo scorso, su queste pagine, il commerciante Nino Miceli, dopo avere letto l’intervista rilasciata il giorno prima, da una ragazza gelese, figlia di noto pregiudicato locale in regime di detenzione dura, la quale chiedeva “semplicemente di non essere emarginata per colpa del cognome che porta e di potere avere uguale dignità, come tutti gli altri”. La ragazzina auspicava soprattutto un intervento concreto al fine di dare la possibilità alla madre di trovare un’occupazione lavorativa. Dalla data di pubblicazione dell’articolo (più di un mese) nulla é accaduto. “La mia storia – dice la sedicenne – ha toccato i cuori di molte persone ma non i cuori della legge italiana, della politica e dello Stato in generale. Gela – entra nel merito – tutt’ora non ha un sindaco e i diversi candidati alla poltrona di primo cittadino, hanno elencato quelle che definisco semplicemente promesse. Ho appena 16 anni – rincara – ma capisco (come del resto la maggior parte dei concittadini) cosa é possibile fare e cosa é pura utopia. Gela potrebbe vivere di turismo, agricoltura con tutte le risorse che possiede ed invece é una città abbandonata. Noi ragazzi (e non solo) gridiamo aiuto e nessuno ci sente, nessuno ci ascolta. Un paesone stracolmo di rifiuti, dove sono pochissimi i mezzi pubblici per raggiungere la scuola. E se si va a piedi, sul tragitto si incorre nella presenza di erbacce ai margini di strade piene di buche. Non ho ancora la maggiore età per esprime il voto – sottolinea – ma se potessi, non voterei nessuno perché ho smesso di credere nella politica. Alla classe politica non chiedo la luna ma quantomeno un’attenzione particolare per i più bisognosi. Io e mia madre ne facciamo parte. Purtroppo! Rendere la cittá pulita dovrebbe essere al primo punto del programma del nuovo sindaco. Per pulire la città, bisogna mettere in campo forze umane che tradotto in parole povere, significa lavoro. Umile e dignitoso lavoro.
Cercare con tutti i mezzi – ribadisce – di dare lavoro ai giovani ma anche a tutti quei padri di famiglia e a quelle madri che hanno bisogno di lavorare per poter portare il pane a casa ai propri figli. Chi non lavora é facilmente appetibile della malavita. La politica deve evitare tutto ciò. Come deve evitare di precludere ogni forma di inserimento nella civiltà, di chi é soprattutto vittima di un percorso sbagliato intrapreso dal proprio familiare. Noi che colpa ne abbiamo? Abbiamo mille diritti e mille doveri, doveri che dobbiamo rispettare e diritti che molto spesso vengono calpestati”. La ragazzina pone una serie di interrogativi a chi amministrerà Gela Quale sarà il futuro della città? Che futuro darete a noi giovani se già adesso non abbiamo uno spiraglio di luce? I nostri sogni, i nostri progetti sono bruciati ancora prima di poterli realizzare. Nel mio piccolo – chiude – sto cercando di dar voce e coraggio a coloro che sono nella mia stessa situazione ma che non parlano. Noi, “vittime della società e dello Stato”!