Gela. La patologia, almeno per uno dei lavoratori parte civile nel giudizio, si sarebbe aggravata, al punto da far temere l’insorgere di un mesotelioma. In aula, l’ha spiegato il medico pneumologo che ha effettuato accertamenti su decine di operai dell’indotto Eni, oggi affetti da malattie ritenute collegabili alle fibre d’amianto. E’ stato sentito nel corso del dibattimento che si sta tenendo contro ex manager Eni e tecnici in servizio nello stabilimento di contrada Piana del Signore, accusati di non aver adottato le necessarie misure per evitare l’esposizione. Davanti al giudice Marica Marino devono difendersi dalle accuse Armando Grassi, Giancarlo Barbieri, Alfonso Valerio, Alessandro Colnaghi, Francesco Mauro, Salvatore Verniccio, Rocco Ardore, Antonio Catanzariti, Gregorio Mirone, Giancarlo Fastame, Giorgio Clarizia, Giuseppe Farina, Vito Milano, Salvatore Vitale, Giovanni Calatabiano, Giuseppe Genitori, Giorgio Daumiller e Arturo Borntragger. Il medico ha risposto alle domande dell’avvocato Davide Ancona, che assiste alcuni degli operai ammalati. L’esperto ha inoltre indicato i parametri di riferimento per l’accertamento delle patologie da amianto, che nel corso del tempo hanno colpito molti lavoratori in servizio tra gli impianti della fabbrica del cane a sei zampe. Nei casi esaminati, stando al medico, non si tratterebbe di semplici placche pleuriche, destinate a non evolversi, ma di asbestosi. Alcuni operai colpiti hanno scelto di costituirsi parti civili nel giudizio. Tra i legali che li rappresentano anche gli avvocati Ezio Bonanni e Claudia Caizza.
Nel corso dell’udienza, sono stati sentiti altri testimoni. Hanno risposto alle domande uno dei lavoratori in servizio insieme a quelli che oggi devono convivere con la malattia e un tecnico Inail, che nel tempo ha valutato le domande di malattia professionale. Non è da escludere che il pneumologo possa ritornare in aula per un nuovo esame, questa volta condotto dai legali di difesa.