Gela. Sarebbe stata vittima di una gestione non adeguata dell’ex hotel “Daniela Garden”, a Manfria. L’ha spiegato in aula il difensore di una ex dipendente, finita a processo con l’accusa di essersi appropriata di una parte degli incassi e di non aver trasmesso le schede di presenza alle autorità competenti. Il giudice Tiziana Landoni, alla fine, l’ha assolta per non aver commesso il fatto. Per uno dei capi di imputazione, invece, è stata accertata la prescrizione. I titolari della struttura segnalarono i presunti ammanchi e la mancata trasmissione delle schede di presenza. A processo, è finita una delle ex dipendenti, alla quale erano state assegnate le mansioni più importanti. Lo scenario che è emerso nel corso dell’istruttoria dibattimentale, però, ha consentito di tratteggiare una situazione ai limiti. Fornitori non pagati, niente energia elettrica e acqua corrente per lunghi periodi e dipendenti costretti a rispondere alle continue lamentele dei clienti. Una delle addette, sentita in aula, ha confermato di aver lavorato in nero, senza regolare contratto. Il pm Tiziana Di Pietro ha chiesto l’assoluzione. La difesa, sostenuta dall’avvocato Giovanna Zappulla, ha dimostrato che l’imputata non effettuava i turni di notte, escludendo che le fossero stati assegnati compiti precisi per la trasmissione delle schede di presenza alle forze dell’ordine.
“I soldi che venivano prelevati dalla cassa – ha precisato il legale – servivano solo a pagare i fornitori oppure ad acquistare il gasolio per il gruppo elettrogeno e l’acqua per rifornire le camere. Erano tutte spese comunicate alla proprietà”. A causa dell’afflusso sempre più scarso di clienti e con debiti molto pesanti da onorare, la struttura chiuse i battenti, andando incontro al fallimento. Per il difensore, l’ex dipendente ha dovuto affrontare il processo a causa di “menzogne tutte finalizzate a nascondere gli introiti al fallimento”.