Gela. Il piano di analisi dei rischi per l’area delle vecchie e nuove discariche di Eni va integrato. Un tavolo tecnico a livello locale dovrebbe inoltre consentire di valutare la presenza di “eventuali sorgenti attive di contaminazione”. Sono alcuni dei punti emersi durante l’ultima riunione istruttoria tenutasi al Ministero dell’ambiente. Al tavolo tutte le istituzioni coinvolte (molte in realtà assenti), compreso il Comune. C’erano i rappresentanti di Eni che hanno presentato il piano di valutazione per le quindici discariche aziendali, tutte contenenti rifiuti industriali pericolosi. L’esigenza di integrare i dati è emersa a seguito di una serie di osservazioni avanzate da Emilio Giudice, tra i responsabili della Riserva orientata Biviere. “Quel piano – dice – non può trascurare l’aspetto ecologico e le discipline comunitarie che lo regolano. Parliamo di zone che rientrano in un contesto dove è in atto una forte erosione delle coste e quindi è necessario prevedere misure che possano scongiurare un nuovo disastro ambientale, con le acque del mare sempre più vicine all’area delle discariche”. Osservazioni che gli enti di controllo e il Comune hanno condiviso. C’è la chiara indicazione di “effettuare alcune indagini integrative”.
Per Giudice, comunque, la questione è ancora più ampia. Proprio in sede ministeriale ha chiesto un tavolo tecnico che vada a verificare tutti gli aspetti dell’attuazione dei piani di gestione e risanamento, a cominciare da Rete Natura 2000. Norme che da anni, secondo quanto spesso dichiarato da Giudice e dal fronte ambientalista, non vengono attuate, rimanendo lettera morta anche nelle aree vincolate. I funzionari di Eni, inoltre, hanno confermato l’avvio di un’indagine della procura, concentrata proprio sull’area delle discariche. Mesi addietro la denuncia pubblica dell’ex operaio Emanuele Pistritto ha fatto riaffiorare il pericolo della presenza di rifiuti industriali intombati in aree di pertinenza della multinazionale.