Gela. Nuove richieste istruttorie arrivate sia dai banchi della procura generale sia da quelli dei difensori. E’ entrato nel vivo il giudizio d’appello successivo alle condanne di primo grado emesse nei confronti dei coinvolti nell’inchiesta antimafia “Redivivi”. Gli imputati sono accusati di aver agito con metodo mafioso in alcune aree rurali della città, mirando al controllo di settori come la raccolta della plastica e le guardianie. Con la sentenza di primo grado emessa dal collegio penale del tribunale di Gela sono stati comminati dodici anni di reclusione a Vincenzo Trubia, nove anni al ventottenne Rosario Trubia, otto anni e otto mesi complessivi a Davide Trubia (che rispondeva anche di estorsioni risalenti nel tempo), otto anni e cinque mesi per Nunzio Trubia, sette anni e un mese a Ruggiero Biundo, sette anni ciascuno a Luca Trubia e Simone Trubia, sei anni e dieci mesi a Rosario Caruso e un anno e quattro mesi per il ventinovenne Rosario Trubia. Il collegio, invece, ha assolto tutti gli imputati dall’accusa di aver imposto la consegna della plastica dismessa agli imprenditori agricoli della fascia trasformata, quella tra Bulala e Mignechi al confine con la provincia di Ragusa.
Di recente, però, il gup del tribunale di Caltanissetta ha emesso verdetti favorevoli nei confronti di altri presunti complici, facendo cadere diverse accuse. Decisione sulla quale le difese potrebbero far leva, nel tentativo di ottenere una pronuncia favorevole dai giudici della Corte d’appello di Caltanissetta. Anche nel giudizio di secondo grado parti civili sono l’antiracket “Gaetano Giordano” e la Fai (con l’avvocato Giuseppe Panebianco), gli operatori estromessi dall’arrivo dei Trubia (con l’avvocato Giovanni Bruscia), il Comune (con il legale Anna Gambino) e l’associazione Codici Sicilia (rappresentata dall’avvocato Mario Campione). Gli imputati invece sono difesi dagli avvocati Flavio Sinatra, Nicoletta Cauchi e Carmelo Tuccio.