Gela. Fu coinvolto in un grave incidente sul lavoro, nell’impianto di imbottigliamento dello stabilimento Eni di contrada Piana del Signore. Un lavoratore riportò la lacerazione del retto femorale di una coscia che lo costrinse ad una prognosi di circa trecento giorni. Per i pm della procura, però, non ci fu solo l’incidente ma anche il tentativo di coprire quello che era accaduto, con presunte omissioni nei referti medici. A processo, davanti al giudice Tiziana Landoni, sono finiti in cinque. Si tratta di Giuseppe Scifo, Nicola La Cognata, Rocco Mendola, Antonio Damaggio e Maria Rosa Martire. Il lavoratore invece è parte civile nel giudizio, rappresentato dall’avvocato Rocco Guarnaccia. Prima dell’apertura del dibattimento, il magistrato ha accolto l’eccezione formulata dai legali di difesa (gli avvocati Gualtiero Cataldo, Carlo Autru Ryolo e Alessandra Geraci). Sono state accertate cause di nullità del decreto che ha disposto il giudizio, rispetto soprattutto alla vicenda della tenuta dell’impianto. Gli atti sono stati restituiti ai pm per le posizioni di Mendola, Damaggio e La Cognata.
Il processo prenderà il via nei confronti di Scifo e Martire (difesa dall’avvocato Nicoletta Cauchi). In giudizio, come responsabile civile, c’è anche la società Raffineria di Gela. In base alle accuse, ci sarebbero state gravi inadempienze dietro all’incidente e nel corso dell’inchiesta è emerso il presunto tentativo di interferire sul referto.
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