Disastro ambientale, no ad associazione donne colpite da tumore: Raffineria in giudizio

 
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Gela. Non è stato ancora aperto il dibattimento nei confronti di manager e tecnici di tutte le aziende del gruppo Eni attive in città. Intanto, però, il collegio penale del tribunale (presieduto dal giudice Miriam D’Amore e a latere Tiziana Landoni e Angela Di Pietro) ha respinto le costituzioni di parte civile avanzate da diverse associazioni. Tra le accuse contestate a tutti gli imputati c’è quella di disastro ambientale innominato, generato dalle attività della multinazionale nell’area locale. Costituzione respinta per l’associazione Farc, composta da donne che hanno superato il tumore e prestano sostegno in ospedale ai malati oncologici. L’avvocato Alessandro Imbruglia, per loro conto, ha chiesto l’ammissione, sottolineando come nello statuto sia prevista la tutela di interessi lesi dai reati contestati agli imputati. Il collegio l’ha però respinta escludendone i presupposti. Niente da fare anche per la sezione locale dell’Osservatorio nazionale amianto (in giudizio con gli avvocati Davide Ancona e Lucio Greco), per l’associazione Codici (con il legale Angelo Cafa’) e per un’altra associazione a tutela dei consumatori. Il collegio ha invece ammesso le associazioni Amici della Terra Gela e Aria Nuova, accogliendo le istanze dei legali Joseph Donegani e Salvo Macrì che hanno ribadito come lo scopo principale delle loro attività sia quella della denuncia di possibili reati ambientali, a tutela del territorio. Alcune delle associazioni escluse sono state parti civili in altri processi dello stesso tipo. Rimangono in giudizio, inoltre, il Comune (con l’avvocato Dionisio Nastasi), il Ministero dell’ambiente e la Regione (parti civili con l’avvocato dello Stato Giuseppe Laspina). Proprio dall’Avvocatura dello Stato, dal legale del Comune e da quelli delle associazioni ammesse è stata confermata la richiesta di far entrare nel processo, come responsabile civile ai fini del risarcimento, la società Raffineria di Gela.

Il collegio ha autorizzato. Nell’ordinanza letta in aula dal presidente D’Amore, sono state riviste anche le costituzioni di molti cittadini e proprietari terrieri che avrebbero subito danni alla salute e alle loro stesse attività, spesso a ridosso dei siti Eni. Sono state ammesse, anche limitatamente ad alcuni capi di imputazione. Sono assistiti dagli avvocati Nicoletta Cauchi, Maurizio Scicolone, Claudio Cricchio, Tommaso Vespo, Enrico Aliotta, Emanuele Maganuco, Giovanna Cassarà, Giuseppe Panebianco e Laura Cannizzaro. Tra le altre, non è stata ritenuta ammissibile la costituzione della moglie di un operatore del servizio disinquinamento al porto isola Eni, morto negli scorsi anni. Le accuse vengono mosse contro Giuseppe Ricci, Battista Grosso, Bernardo Casa, Pietro Caciuffo, Pietro Guarneri, Paolo Giraudi, Lorenzo Fiorillo, Antonino Galletta, Renato Maroli, Massimo Barbieri, Luca Pardo, Alfredo Barbaro, Settimio Guarrata, Michele Viglianisi, Rosario Orlando, Salvatore Losardo, Arturo Anania, Massimo Pessina, Enzo La Ferrera, Marcello Tarantino, Gaetano Golisano ed Emanuele Caiola. In base a quanto ricostruito dai pm della procura, le attività di Eni sul territorio avrebbero causato danni non solo alla salute dei cittadini ma anche al ciclo agricolo e all’ecosistema locale. È l’esito di una maxi inchiesta chiusa negli scorsi anni e che ha tratto spunto da centinaia di casi finiti sui tavoli dei pm locali. Le difese di tutti gli imputati, come già accaduto in udienza preliminare, hanno contestato praticamente tutte le richieste di costituzione di parte civile. Ritengono inoltre che il gruppo Eni abbia sempre rispettato i protocolli di prevenzione e sicurezza, anche ambientale. In aula, si tornerà a luglio. Probabilmente, ci sarà l’apertura del dibattimento, seguito per la procura dai sostituti Ubaldo Leo e Federica Scuderi.

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