Caltanissetta. La provincia di Caltanissetta, assieme a quella di Enna, risente più di altre della crisi economica e della carenza di posti di lavoro. Le peculiarità del territorio, a vocazione prevalentemente agricola, si riflettono sulle caratteristiche delle consorterie locali, che si connotano, ancora oggi, come un fenomeno a sostanziale caratterizzazione agro-pastorale. La perdurante carenza di opportunità di lavoro ha favorito, in tale contesto, l’insediamento della criminalitá organizzata, che si manifesta in tutti gli aspetti legati al controllo della manodopera, al monopolio di settori imprenditoriali ed al reinvestimento di capitali illeciti. Si tratta di una delle foto scattate dalla Dia (Direzione Investigativa Antimafia di Caltanissetta, nell’ambito della prima relazione semestrale del 2018 presentata al Parlamento. Secondo gli investigatiori, Gela, il comune più popoloso della provincia, pur possedendo le potenzialità per diventarne il cuore economico, risulta invece un serbatoio di manovalanza criminale composta da giovani, anche minorenni, attratti dall’illusione di facili guadagni. Non a caso, dal territorio gelese promana un’ulteriore consorteria mafiosa, la stidda, che, sebbene disgiunta da Cosa nostra, ne riproduce modelli organizzativi e metodologie criminali.Il ristretto numero di omicidi registrati nel semestre e riconducibili a dinamiche mafiose si inscrive nella generale tendenza di limitare al massimo l’attenzione investigativa e quella dell’opinione pubblica. L’interesse delle consorterie è rivolto, invece, all’infiltrazione silente nei settori produttivi, al reimpiego dei guadagni illeciti ed all’accaparramento di fondi e risorse assegnati dalle pubbliche amministrazioni, i cui apparati rappresentano l’obiettivo irrinunciabile nel quale tentare di incunearsi. Sebbene si trovi ristretto in regime detentivo speciale (41 bis) Giuseppe Piddu Madonia – sottolinea la Dia – goda ancora “di rispetto” nell’ambiente criminale, mantenendo il proprio ruolo di vertice.Le figure dei “capi” succedutisi nel tempo sarebbero, in qualche modo, una sua espressione e per questo investiti della “reggenza” del sodalizio con l’affiancamento di anziani sodali. La città di Gela é il centro che ha evidenziato le maggiori potenzialità di sviluppo, anche industriale, della provincia, tanto che avrebbe potuto rappresentare un punto di riferimento e di traino produttivo per tutto il territorio. Il tessuto economico e sociale appare, tuttavia, pesantemente permeato e dominato da più tipi di organizzazioni mafiose, le quali si riferiscono sia a Cosa nostra, sia alla più recente, ma non per questo meno aggressiva e pericolosa organizzazione denominata Stidda, in origine composta da fuoriusciti delle più consolidate consorterie e ad esse contrapposta.Attualmente la Stidda ha assunto una posizione di non belligeranza rispetto alle organizzazioni criminali storiche ed è portatrice di un proprio ruolo nel panorama delinquenziale siciliano. In tale scenario – riferiscono gli investigatori – nell’ambito di Cosa nostra, la famiglia RInzivillo risulta predominante rispetto agli Emmanuello, fortemente colpiti da alcune attività d’indagine: le due famiglie, un tempo in contrasto, non risultano oggi in contrapposizione, preferendo anzi operare secondo veri e propri accordi di cooperazione. Lo stesso atteggiamento si riscontra nelle relazioni fra le consorterie di Cosa nostra e quelle stiddare, nell’ambito delle quali viene a realizzarsi un rapporto di sostanziale non belligeranza, finalizzato alla più efficiente spartizione dei proventi illeciti.Non da ultimo, alla già articolata descrizione della composizione criminale gelese, va aggiunta la presenza di un terzo gruppo composto da giovani malavitosi, funzionante come una sorta di manovalanza sia per Cosa nostra che per la stidda e delegato, all’occorrenza, al compimento di azioni delittuose specifiche.
Questo variegato panorama criminale rende, nella zona di Gela, particolarmente evidente l’attività spesso cruenta delle consorterie, che si concretizza nel numero elevato di danneggiamenti, anche mediante incendio, verosimilmente riconducibili a pratiche estorsive. Con riferimento alle principali manifestazioni economico-criminali si conferma, nel semestre, la tendenza a limitare, per quanto possibile, le azioni violente, prediligendo i reati che consentono un immediato accumulo di denaro, quali lo spaccio di stupefacenti, le estorsioni, l’usura e l’acquisizione degli appalti.A fronte del limitato numero di omicidi, per i quali non sempre è evidente il risvolto mafioso, la condizione di assoggettamento ed omertà, tradizionalmente diffusa nei territori sottoposti alla pressione mafiosa, impedisce l’emergere delle dimensioni effettive del reato di usura, in quanto raramente le vittime denunciano, così come le estorsioni loro imposte. Per quanto riguarda gli stupefacenti, le organizzazioni mafiose mantengono il controllo del settore non solo con l’approvvigionamento e lo spaccio ma anche, negli ultimi anni, con la coltivazione, avvalendosi di soggetti vicini alle consorterie.. In alcuni casi è stato accertato il ricorso a canali di rifornimento provenienti da altre aree territoriali ed alla concomitante commissione di reati in materia di armi. Nel semestre in esame, la Dia di Caltanissetta ha proceduto al sequestro e alla confisca di beni riconducibili ad esponenti di rilievo della realtà criminale gelese. In particolare, un primo provvedimento ha attinto persone legate ai Rinzivillo, ritenute di incondizionata fiducia. L’esecuzione del provvedimento, delegata dalla locale Direzione Distrettuale Antimfai, trae origine dalla disamina da parte della stessa Dia nissena di due operazioni sospette e dalla successiva delega di indagine disposta dalla Procura distrettuale. Anche un altro personaggio molto vicino alla famiglia Rinzivillo e alla stidda, è stato colpito da un sequestro patrimoniale. Le investigazioni hanno dimostrato l’intestazione fittizia di beni, aggravata dall’aver favorito l’ organizzazione mafiosa. Il primo provvedimento è stato successivamente integrato con il sequestro di un gregge di ovini, composto da più di 1.400 capi. Un provvedimento di confisca ha, invece, colpito un soggetto inserito nella famiglia mafiosa degli Emannuello, al quale è stata anche applicata la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno. Lo stesso soggetto, completamente asservito agli ordini dei capimafia e promotore di attività illecite legate alla gestione di commesse lavorative all’interno di grandi realtà gelesi, è stato successivamente raggiunto da un ordine di carcerazione. Sempre a Gela,, è stato confiscato un fabbricato (non accatastato) appartenente ad un personaggio legato da interessi affaristici con la famiglia Rinzivillo, già arrestato nel gennaio 2009 assieme ad altre 32 persone, tutte riconducibili al sodalizio criminale.
Giuseppe D’Onchia