Gela. Cadono tutte le accuse. Il collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore, ha assolto i dipendenti pubblici Filippo Indorato ed Emanuele Occhipinti, che erano accusati di peculato e truffa ai danni dell’Ato rifiuti Cl2, guidato dal commissario liquidatore Giuseppe Panebianco. Un’indagine che si è concentrata sia sull’uso dell’auto di servizio sia sui fogli orari dell’attività svolta dai due per conto proprio dell’Ato. Avevano il compito di effettuare controlli nei comuni rientranti nell’ambito territoriale ottimale, di modo da verificare il rispetto degli obblighi imposti alle aziende che facevano parte dell’Ati che ottenne l’appalto per le attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti. In base alle accuse, avrebbero usato l’auto dell’ente anche per fini personali, “barando” pure sugli orari di servizio e sui relativi controlli. Il pubblico ministero Luigi Lo Valvo, al termine della sua requisitoria, ha chiesto l’assoluzione per Occhipinti, ma solo rispetto all’accusa di peculato, otto mesi invece per la truffa. Un anno e tre mesi di reclusione è stata la richiesta nei confronti di Indorato. Il magistrato ha ritenuto fondato il quadro accusatorio, emerso dalle indagini effettuate dagli agenti di polizia del commissariato. La richiesta di condanna è stata formulata anche dall’avvocato Valentina Lo Porto, legale dell’Ato Cl2 (parte civile nel procedimento). Il collegio penale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Tiziana Landoni e Angela Di Pietro), ha però accolto in pieno la ricostruzione fornita dai difensori, gli avvocati Vittorio Giardino e Riccardo Lana.
Nel corso dell’intera istruttoria dibattimentale, hanno ribattuto punto su punto ai dati forniti dai pm della procura. La vettura dell’Ato non sarebbe mai stata destinata a scopi personali. I due dipendenti invece ne avevano l’uso per coprire anche turni molto pesanti, fin dalle prime luci del mattino. Nel caso di Occhipinti, ci sarebbe stata addirittura una deroga autorizzata dal commissario Ato che gli permetteva di portare l’automobile a casa per poi riprendere il turno successivo. Inoltre, hanno smentito la tesi della truffa, sottolineando come entrambi gli imputati non avessero interesse a “gonfiare” le ore di servizio sostenute, data l’assenza di qualsiasi autorizzazione al pagamento di eventuali straordinari. “Con la loro attività di controllo, come confermato dai funzionari dell’Ato – hanno detto i difensori – l’ente è riuscito a sanzionare le società che operavano nella raccolta dei rifiuti per un ammontare di circa sei milioni di euro. Il lavoro svolto dai due dipendenti è sempre stato apprezzato”. I legali, inoltre, hanno messo in dubbio l’esito di indagini condotte prevalentemente tramite l’analisi di dati gps. “I fatti non sussistono”, questo il contenuto del dispositivo letto in aula dal presidente D’Amore che ha decretato l’assoluzione per entrambi gli imputati.