L’omicidio Di Maria, condanna ridotta ai Morso per le armi: accolto il concordato

 
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L'abitazione di Molassana dove venne ritrovato il cadavere

Genova. La decisione sull’omicidio del ventottenne Davide Di Maria arriverà la prossima settimana, intanto i giudici della Corte d’assise d’appello di Genova hanno accolto la richiesta di concordato formulata dai difensori del gelese Vincenzo Morso e del figlio Guido. Oltre ad aver subito una pesante condanna in primo grado, accusati di aver ucciso Di Maria (quindici anni e otto mesi al padre e diciassette anni al figlio), rispondono anche del possesso di armi e di ricettazione. Con il concordato, però, la condanna per queste contestazioni meno gravi è stata ridotta a due anni e otto mesi di reclusione ciascuno (in primo grado a Vincenzo Morso erano stati comminati quattro anni e al figlio Guido quattro anni e cinque mesi). Il concordato è stato proposto dai difensori che comunque contestano anche l’accusa di omicidio. Secondo la loro versione, Vincenzo e Guido Morso non avrebbero ucciso Di Maria al culmine della rissa scoppiata tra più persone all’interno di un’abitazione della zona di Molassana. Per il ventottenne fatale è stata una ferita da taglio. Il coltello però non è mai stato ritrovato e i Morso hanno sempre sostenuto di essersi presentati in quell’appartamento armati solo di pistola.

In primo grado, al termine del giudizio abbreviato, la ricostruzione non ha convinto i giudici della corte d’assise del capoluogo ligure che hanno ritenuto colpevoli entrambi gli imputati. Gli avvocati Giacomo Ventura (subentrato nel giudizio di secondo grado), Riccardo Lamonaca e Mario Iavicoli hanno proposto ricorso, con ulteriori elementi a sostegno delle loro tesi. In base a quanto emerso dall’indagine, invece, i contrasti tra i Morso e il gruppo di Di Maria, del quale avrebbero fatto parte anche Marco N’Diaye e Cristian Beron, sarebbero sorti per rivalità nella gestione dello spaccio di droga, non si esclude che ci fossero dei debiti da saldare.

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