Gela. Nel giugno dello scorso anno, un incidente stradale verificatosi in territorio di Misterbianco, alle porte di Catania, gli è stato fatale. Neanche i medici etnei sono riusciti a salvargli la vita, dopo diversi giorni di ricovero. Il diciannovenne Emanuele Riela viaggiava a bordo di una Lancia Y insieme a tre coetanei. Uno di loro, il conducente della vettura, ha deciso di patteggiare. Due anni di reclusione per Giovanni Bessio, con pena sospesa e revoca della patente. Una richiesta avanzata dal legale di difesa (l’avvocato Rocco Cutini) già in fase di indagini e avallata dal gip. In base a quanto emerso, l’incidente autonomo è scaturito da un errore del conducente della Lancia. Le conseguenze più gravi le ha riportate proprio Riela, con ferite alla fine rivelatesi troppo gravi. La difesa, dopo aver accertato la sussistenza di elementi tecnici che ribadivano l’errore di guida, ha avanzato le proprie richieste ai pm e al gip. Tra le accuse, anche quella di omicidio stradale. La famiglia del giovane deceduto ha seguito fin dall’inizio l’intera fase di indagine, rappresentata dal legale Angelo Cassarino. Il patteggiamento finale non soddisfa i genitori, che davanti alla tragica fine del giovane figlio ritenevano di poter ottenere una pena più severa. Per questo motivo, hanno deciso di affidare il loro pensiero ad una missiva redatta insieme al loro legale.
“Summum jus summa iniuria (il sommo diritto è somma ingiustizia). L’antico brocardo latino riassume con estrema sintesi l’epilogo della vicenda giudiziaria che ha coinvolto in qualità di parti offese i familiari di Emanuele Riela – si legge nella missiva – per quei fatti la Procura della Repubblica di Catania ha sin da subito aperto un procedimento penale a carico di Giovanni Bessio che si è concluso il 22 gennaio scorso innanzi al Gip del Tribunale di Catania con la sua condanna ad anni due di reclusione e riconoscimento del beneficio della pena sospesa e applicazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente. Una pena che i genitori di Emanuele hanno ritenuto sin da subito assolutamente irrisoria e inidonea a rendere giustizia al proprio caro. La pena conseguente al rito del patteggiamento prescelto dall’imputato e alle concessioni benevole non meritate dallo stesso in ragione delle risultanze probatorie è stata avversata dalle parti offese che hanno deciso di partecipare attraverso il proprio difensore all’udienza fissata innanzi al gip il quale doveva esprimersi sulla richiesta di patteggiamento. I genitori evidenziavano lacune investigative che avrebbero reso necessario ulteriori indagini nonché lamentavano la mancanza dei presupposti per la concessione delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena. Stante l’esiguità della pena i familiari di Emanuele confidavano in una decisione del gip di non “convalida del patteggiamento” che nella versione iniziale non aveva neppure previsto l’applicazione delle sanzioni accessorie. Purtroppo le loro aspettative sono rimaste deluse e così anche la loro aspettativa di giustizia e le loro istanze sono servite soltanto a rendere la sentenza più conforme a diritto con applicazione della sanzione della revoca della patente originariamente non prevista”. Il patteggiamento accolto non ha consentito la costituzione di parte civile neanche ad una giovane, che a sua volta viaggiava sulla Lancia Y insieme ai tre coetanei. L’istanza dell’avvocato Carolina Macrì, che si è opposta al patteggiamento, non è stata accolta. “Non mi sono rapportata con il legale della famiglia Riela – dice – ma noi riteniamo che possano esserci gli estremi per un ricorso in Cassazione. Fortunatamente, la mia assistita non ha subito le tragiche comseguenze patite dal giovane Riela e oggi può parlare di quello che è accaduto. Non abbiamo nulla contro Bessio, che a sua volta sta subendo conseguenze, ma crediamo che la pena dovesse essere commisurata al bene protetto della vita, anche per far capire cosa è stato perso dai genitori di Riela”.