Gela. Geometria imperfetta, espressione dell’intangibile: l’arte del gelese Vincenzo Pazzi, milanese d’adozione, sconfina dalle tele per occupare un significativo spazio su It Magazine, primo premio come la migliore rivista web italiana del 2013, dedicata alla moda, all’arte e al design.
Più che una coincidenza, una scelta quella del direttore Alessandro Massarini di rivolgere proprio la copia numero sette della rivista ai sette vizi capitali così, come quella di appellarsi all’ingegnosa penna del giovane designer gelese e al suo singolare metro d’interpretazione di tutte le umane immoralità.
La penna è la stessa che ha dipinto la copertina: un primo piano dell’ opera- sintesi di Vincenzo, ritratto di un escogitato assemblaggio dei peccati capitali il cui titolo, Saligia, è ispirato alla nomenclatura latina dei vizi.
Oltre alla lodevole biografia dell’autore, all’interno del periodico si estende per ben due pagine un approfondimento sulle sue creazioni, un gruppo di opere emblematiche sulle più profonde e viscerali inclinazioni dell’anima.
Spoglie da ogni riferimento cattolico e intrise di una forte carica simbolica, le sue tele esprimono quasi sempre concetti intangibili, eludendosi da tutto ciò che è reale, figurativo.
L’inchiostro della china si dirama dal centro seguendo simmetricamente spontaneità e velocità, senza alcun ausilio di tracce o di schizzi preparatori.
Hanno preso cosi vita i tripudi di corpi nudi, sovrapposti e in movimento, nella Lussuria; i vortici delle fiamme accese dalla rabbia di un uomo accecato dall’Ira; cose, case e ruote dei motori più ambiti per il sentimento più razionale e al contempo incontrollabile, l’Invidia; vassoi di frutta e cascate di gelato per un’insaziabile Gola; il trono di un potente che si adagia su una poltrona sovrastata dall’occhio del “divino”, l’imparziale primo motore immobile che supervisiona la Superbia; l’essenzialità del tratto superficiale e scarno che caratterizza l’Avarizia; le linee incomplete di un fiore che nasce ma che non si sviluppa per Accidia. Impercettibili allo sguardo approssimativo sono i richiami attigui alla cultura mesopotamica, greca ed egizia; il fattore preponderante di ogni tela è il rimando alla storica contrapposizione tra il bene e il male.
In fondo, l’indole artistica di Vincenzo si era già palesata nel 1996: quell’anno vinse a Gela il premio della critica all’estemporanea di pittura “Premio Pietro Palma”. Da li all’apertura del StrapazziDesignStudio, ne è passata di arte. Ma la tecnica delle sue ultime produzioni ha suscitato nei social un interesse tale che le tele di Vincenzo sono state quotate ed esposte in varie vetrine di Milano.