Le mani dei clan sul “Caligola”, imposero il concerto del neomelodico: condannato Caci

 
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Gela. I clan in più occasioni cercarono di mettere le mani sulla discoteca “Caligola” di contrada Roccazzelle, allora di proprietà dell’imprenditore Pasquale Burgio. Dalle indagini condotte emerse il ruolo di Emanuele Caci, adesso condannato a sei anni e otto mesi di reclusione. Ritenuto molto vicino ad Alessandro Emmanuello, all’epoca dei fatti uno dei vertici del gruppo locale di cosa nostra, era accusato di aver imposto proprio a Burgio l’organizzazione di una serata, i cui proventi però sarebbero andati interamente alla famiglia di cosa nostra. Sul palco si presentò il neomelodico Gianni Celeste, da quanto ricostruito dai pm della Dda di Caltanissetta voluto proprio dai boss del gruppo. Fatti risalenti ad oltre vent’anni fa che sono stati illustrati in aula dal pm della Dda nissena Matteo Campagnaro. Al termine della requisitoria, il magistrato ha chiesto la condanna a sei anni e sei mesi di detenzione. “Caci si presentò da Burgio – ha detto il pm – e si definì il padrone di Gela. Lo minacciò dicendogli che se non gli avesse concesso il locale per la serata, l’avrebbe ucciso”.

Una richiesta giunta dopo che i gruppi di stidda e cosa nostra avevano già preteso la messa a posto. Burgio inizialmente era costituito parte civile ma durante lo svolgimento del dibattimento è deceduto. Il verdetto di primo grado è stato pronunciato dal collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Marica Marino e Tiziana Landoni). La difesa, sostenuta dall’avvocato Grazio Ferrara, ha invece escluso che quella serata organizzata all’interno del “Caligola” fosse stata imposta da Caci e dai clan, sottolineando l’esistenza di diverse incongruenze nella versione resa dalla vittima delle richieste. Fu proprio Burgio a denunciare quanto accaduto, facendo partire l’inchiesta.

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