“Precipitò subito…cadde da un’altezza di almeno sei metri”, la morte di Fecondo: in aula i carabinieri

 
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Gela. Un volo di oltre sei metri nel vuoto. Le ferite riportate sarebbero state fatali per il sessantaquattrenne Giuseppe Fecondo, l’operaio morto nel luglio di tre anni fa mentre effettuava un sopralluogo sul tetto di uno dei capannoni della zona industriale ex Asi. Era stato incaricato di effettuare le verifiche del caso, preliminari all’installazione di pannelli fotovoltaici. Quanto accaduto è stato descritto in aula da uno dei carabinieri intervenuti sul posto. A processo, ci sono l’imprenditore Davide Catalano, titolare dell’azienda per conto della quale l’operaio stava svolgendo quel tipo di attività, e la stessa società. L’accusa è di omicidio colposo. “Appena arrivato sul tetto non ha avuto neanche il tempo di percorre un metro – ha spiegato il carabiniere – è precipitato perché la copertura ha ceduto”. L’operaio, che era già in pensione, aveva trovato un ingaggio con l’azienda locale nel settore dell’installazione degli impianti fotovoltaici. Dopo l’arrivo in ospedale, venne sottoposto ad un delicato intervento chirurgico ma non ci fu nulla da fare. Uno dei militari sentiti in aula ha descritto alcune ferite accertate dal medico legale che effettuò l’ispezione cadaverica. L’imputato e la società sono difesi dagli avvocati Fabrizio Ferrara e Francesco Giocolano.

La difesa punta a ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente verificatosi in quel capannone. I primi testimoni sentiti davanti al giudice Miriam D’Amore hanno risposto alle domande del pm Pamela Cellura e dei legali delle parti. La moglie, le figlie e un nipote di Fecondo sono invece parti civili, con gli avvocati Rosario Giordano, Cristina Guarneri e Giacomo Di Fede.

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