Gela. Che fine ha fatto l’accordo raggiunto più di un mese fa in prefettura? Se lo chiedono in questi giorni gli oltre novanta operai di Smim e Tucam che, almeno sulla carta, sarebbero dovuti passare tra le fila delle società Ergo Meccanica e Sicilsaldo.
Le procedure concordate dai vertici delle due aziende e dai segretari dei metalmeccanici di Fiom, Fim e Uilm si sono bloccate.
Non a caso, proprio i vertici sindacali hanno chiesto un nuovo incontro davanti al prefetto Carmine Valente. Allo stato attuale, non è arrivata nessuna comunicazione. La preoccupazione è tanta. In ballo, c’è il rispetto degli accordi di secondo livello: una serie d’indennità previste contrattualmente in favore dei lavoratori e che, adesso, sarebbero in bilico almeno sul fronte Ergo Meccanica.
Da qualche settimana, inoltre, i lavoratori contattati dalle aziende avrebbero ricevuto offerte per qualifiche diverse da quelle acquisite in anni di attività all’interno della fabbrica Eni di contrada Piana del Signore. Insomma, qualcosa sembra non funzionare per il verso giusto. Mentre i circa trenta operai già in forza alla Tucam, dopo il licenziamento deciso dai vertici del gruppo, attendono ancora la decisiva chiamata; per gli operai Smim la situazione è ancor più complessa.
Manca ancora un vero e proprio svincolo che consenta loro di valutare ulteriori offerte occupazionali. Negli ultimi giorni, c’è stato il tentativo di chiedere un incontro al sindaco Angelo Fasulo. La riunione, però, non è ancora stata organizzata. A questo punto, non sono da escludere nuove mobilitazioni. I tecnici del ministero dell’ambiente hanno appena detto sì alle percentuali d’emissioni in atmosfera indicate dai funzionari di raffineria, l’indotto però continua a soffrire.
Gli operai usciti dal ciclo produttivo dello stabilimento e finiti nel famigerato bacino d’attesa continuerebbero ad essere scavalcati da nuovo personale appena giunto in fabbrica. Insomma, una lotta tra chi il lavoro, oramai, cerca di conservalo come l’ultima ancora di salvataggio per sé e per la propria famiglia. C’è chi entra in fabbrica e chi, invece, ne è uscito da tempo e aspetta buone nuove.