Gela. Nonostante gli impegni assunti negli scorsi mesi, più di venti ex operai della Turco Costruzioni continuano ad attendere una chiamata per essere assorbiti da altre società dell’indotto Eni. Fino ad oggi, però, non c’è stato il ritorno in fabbrica. L’azienda ha subito il colpo del coinvolgimento dell’imprenditore Carmelo Turco nell’inchiesta “Double face” e Eni ha deciso di chiudere i contratti attivi. Ritardi nei pagamenti e poi anche la fine del rapporto di lavoro hanno reso la vicenda di questi operai sempre più intricata. I sindacati degli edili di Fillea, Filca e Feneal hanno inoltrato una nuova richiesta di incontro in prefettura. “Non abbiamo ricevuto risposte da Caltanissetta – dice il segretario provinciale della Fillea Francesco Cosca – purtroppo, il trasferimento in altra sede del prefetto Cucinotta sta rallentando le attività. Vogliamo capire perché questi operai non vengano assunti da altre aziende dell’indotto, che intanto continuano ad assumere personale esterno, in una fase di quasi totale occupazione per i cantieri della green refinery”.
Il timore vero riguarda la fase successiva, quella che porterà alla conclusione dei cantieri per la nuova green refinery. Inevitabilmente, calerà il numero di occupati nell’indotto e per gli ex Turco sarà sempre più difficile trovare collocazione. “Era stato deciso che potessero essere chiamati da aziende di altri settori – conclude Cosca che segue la vicenda insieme agli altri segretari Francesco Iudici, Dathan Di Dio e Giovanni Abela – fino ad ora, però, solo per pochi operai c’è stato il reinserimento”. Mentre i sindacati chiedono di nuovo un intervento della prefettura, molti ex Turco hanno deciso di rivolgersi ai giudici civili del tribunale, contestando i licenziamenti.