Gela. Per i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta avrebbero fatto parte del gruppo intenzionato a ricostruire i rapporti di mafia sull’asse Gela-Niscemi.
Le pesanti richieste giunte dall’accusa. Così, 12 anni di reclusione sono stati chiesti per Alessandro Barberi, 10 anni e 8 mesi per Alberto Musto e 8 anni, infine, per Fabrizio Rizzo. I tre, giudicati con il rito abbreviato davanti al gup del tribunale di Caltanissetta Alessandra Giunta, finirono al centro dell’inchiesta “Fenice”. A chiedere la loro condanna, è stato il pubblico ministero della Dda Gabriele Paci. In base alla ricostruzione, i vertici del nuovo sodalizio sarebbero stati proprio Alessandro Barberi e il giovane Alberto Musto, ritenuto un protetto del boss niscemese Giancarlo Giugno. A spalleggiarli, ci sarebbe stato anche il pastore Fabrizio Rizzo.
Le difese contestano il contenuto delle indagini. Una linea d’accusa, quella portata avanti dai magistrati nisseni, decisamente contestata dai legali dei tre imputati. Barberi e Musto, secondo gli avvocati Antonio Impellizzeri e Francesco Spataro, non avrebbero capeggiato alcuna organizzazione criminale. Le difese, infatti, contestano soprattutto il contenuto dell’attività d’indagine sfociata nel blitz e partita dopo la scarcerazione di Alessandro Barberi. Ad accusare il presunto leader di questo nuovo gruppo criminale fu l’ex collaboratore di giustizia Roberto Di Stefano, ritenuto del tutto inattendibile dai legali di difesa. Nel mirino degli imputati, sarebbe finito anche un importante gruppo imprenditoriale niscemese, messo alle strette da una serie di avvertimenti e danneggiamenti. Durante la prossima udienza, già fissata per il 9 marzo, spetterà all’avvocato Flavio Sinatra, difensore di Fabrizio Rizzo, esporre le proprie conclusioni. Per gli stessi fatti, invece, altri tre arrestati nel blitz “Fenice” si trovano davanti al collegio del tribunale di Gela: Luciano Albanelli, Salvatore Blanco e Alessandro Ficicchia hanno scelto di farsi giudicare in dibattimento.