Gela. I ragazzi del Centro Giovanile Musica e Arte – Cesma ricorderanno Santa Teresa di Calcutta, meglio conosciuta come Madre Teresa: la suora che aiutò i poveri, i diseredati, i malati e gli afflitti, specie in India. Un appuntamento ormai tradizionale nell’ambito delle iniziative promosse dal gruppo giovanile e dalla comunità parrocchiale di Regina Pacis. L’evento è ormai giunto alla sua 21a edizione e si terrà nel cortile retrostante la relativa parrocchia. Alle 20 ci sarà la celebrazione eucaristica presieduta da don Angelo Strazzanti, animata dalle Comunità Ecclesiali di Base e dai giovani del Cesma. Alle 21 spazio alla vendita di manufatti creati dai ragazzi nel corso del grest, il cui ricavato verrà devoluto in beneficenza.
Dalle 21.30 andrà in scena lo spettacolo di canto, teatro e musica, curato dai giovani del centro: si potranno vivere i momenti più salienti della vita della religiosa albanese, naturalizzata indiana, ma di fede cattolica, fondatrice della congregazione religiosa delle Missionarie della carità. Madre Teresa ha ricevuto il premio Nobel per la pace nel 1979, è stata proclamata beata da papa Giovanni Paolo II e poi santa da papa Francesco il 4 settembre del 2016.
Anjeza Gonxhe Bojaxhiu, in arte Madre Teresa di Calcutta non era nemmeno credente:
“Where is my faith? Even deep down… there is nothing but emptiness and darkness… What do I labor for? If there be no God, there can be no soul. If there be no soul then, Jesus, You also are not true” – (“Dov’è la mia fede? Anche nel profondo… non c’è che vuoto e tenebre… Perché e per chi io lavoro? Se non c’è Dio non c’è neppure l’anima. Se non c’è l’anima allora, Cristo, anche Tu non sei vero,”). Dal suo diario: “Come Be My Light”.
Madre Teresa è il supremo esempio di quel tipo di icona accettabilmente conservatrice diffusa da una cultura dominata dalle élite, una “santa” che non ha espresso una parola critica contro le ingiustizie sociali, e che ha mantenuto comode relazioni con i ricchi, i corrotti e i potenti.
Gli “ospedali” di Madre Teresa per gli indigenti in India e altrove si rivelarono poco più che magazzini umani in cui persone seriamente ammalate giacevano su materassini, a volte cinquanta o sessanta persone in una stanza senza il beneficio di un’adeguata assistenza medica. Generalmente i loro malanni non venivano diagnosticati. Il cibo era nutrizionalmente insufficiente e le condizioni sanitarie deplorevoli. C’era poco personale medico sul posto, più spesso suore e preti impreparati.
La sua celebre clinica di Calcutta in realtà non era che un ospizio primitivo, un posto dove la gente andava a morire, un luogo dove le cure mediche erano poche, quando non addirittura inesistenti (quando fu lei ad ammalarsi, volò in prima classe alla volta di una clinica privata in California). Le grandi somme di denaro raccolte venivano spese per la maggior parte nella costruzione di conventi in suo onore. Aveva fatto amicizia con tutta una serie di ricchi truffatori e sfruttatori, da Charles Lincoln della Lincoln Savings & Loans, alla ripugnante dinastia Duvalier di Haiti, accettando da entrambi generose donazioni di denaro che in realtà era stato rubato ai poveri.
Tuttavia, quando si occupava dei propri problemi di salute, Teresa si rivolgeva ad alcuni dei più costosi ospedali e reparti di cura del mondo per trattamenti allo stato dell’arte.
Da tutto questo si dovrebbe facilmente evincere che la novella santa VOLEVA la povertà, la considerava utile e necessaria, che non ha mai avuto la benchè minima intenzione di alleviare le sofferenze dei poveracci che raccoglieva lungo le strade, che il suo ideale (ma a quanto pare solo per gli altri e non per sè) era una vita di stenti, di sofferenze e di privazioni.
“Nell’ospedale di Madre Teresa a Calcutta, di fatto, varcate quelle mura la gente moriva senza cure mediche e medicine.” (Linda Polman)
Quotidiano di Gela, non mi fate rimangiare quello che di buono ancora penso di voi.