Gela. Se la mozione di sfiducia che verrà depositata dal fronte dei diciotto dovesse andare in porto, ottenendo i voti necessari in consiglio comunale, si chiuderà in anticipo un’esperienza amministrativa praticamente disastrosa. Conti che fanno tremare, indagini sui rifiuti (con tanto di richieste di rinvio a giudizio), cantieri che non si sa quando partiranno, un accordo di programma per ora tutto fumo, servizi garantiti a singhiozzo, le solite infrastrutture che sembrano destinate solo alla paralisi e qualche posto di lavoro ancora garantito dall’eterna “mamma” Eni. Il sindaco Domenico Messinese e i suoi sedici assessori (quelli che si sono avvicendati a Palazzo di Città in questi tre anni) non sono riusciti a dare seguito ad un programma, ancora “firmato” Movimento cinque stelle, che prometteva di rivoltare la città come un calzino. Oggi, sindaco e giunta sono alle corde e lo stanno dimostrando. Messinese e il suo vice Simone Siciliano sono allo scontro aperto con il consiglio comunale e con chi ha messo la firma all’interno del “cerchio” della sfiducia (è la terza mozione nell’arco di appena un anno). Nelle stanze della giunta sembrano convinti che dall’esterno qualcuno stia politicamente spingendo per accelerare i tempi e ritornare alle urne. Ad inizio settimana, durante la seduta di question time, l’ex grillino si è scagliato contro le “vecchie prostitute” della politica che vorrebbero farsi passare per “giovani vergini”. Insomma, se la città langue e la Corte dei Conti non smette di segnalare le anomalie delle finanze dell’ente, la colpa sarebbe dei riciclati, di quelli che hanno cambiato partiti e fedi politiche, rimanendo però sempre sulla propria poltrona. Uno spaccato fatto di “grandi vecchi”, “vecchie prostitute”, “prostitute di lusso” (come si è ironicamente definito il consigliere comunale Carmelo Casano rispondendo alle accuse del primo cittadino) e trasformisti buoni per ogni stagione. Questo consiglio comunale (come tanti che l’hanno preceduto) non passerà alla storia come esempio di lungimiranza amministrativa o di coerenza politica. All’assise civica, il quadro politico è totalmente mutato rispetto a quello che fu l’esito delle amministrative del 2015 e gli atti vengono approvati con il contagocce. Tra i banchi d’aula, i cambi di rotta e di colori non hanno risparmiato quasi nessuno. Solo otto consiglieri, su un totale di trenta, hanno mantenuto le originarie insegne. Resiste la pattuglia dei grillini Simone Morgana, Virginia Farruggia, Angelo Amato e Vincenzo Giudice, che ha perso solo Sara Cavallo, poi passata a Forza Italia. Non hanno cambiato insegne i dem Alessandra Ascia, Salvatore Gallo, Carmelo Orlando e Romina Morselli. Per il resto, è stato un susseguirsi di addii, partenze, movimenti “defunti” e altri rimasti in piedi solo pochi mesi. Anche in questo caso, il voto degli elettori (almeno di quelli consapevoli) non è stato rispettato né dal sindaco (che da grillino si è trasformato in calamita di assessori buoni per ogni periodo) né dall’assise civica, politicamente stravolta.
In aula, ormai, è una continua lotta a chi attacca prima e quei pochi consiglieri che cercano di sostenere la giunta non riescono a ribattere ad un fronte “contro” che si allarga e che adesso dovrà dimostrare di volere veramente mettersi in discussione, rinunciando al posto e approvando la sfiducia ter. Messinese si è fatto prendere la mano e ha dato vita in questi tre anni ad una sequela di nomine senza fine, che però non hanno sortito effetti. Ha cominciato con la segretaria personale (quando ancora era grillino e di segretarie personali il programma elettorale non parlava affatto) e ha proseguito con le scelte “politiche” negli organi di controllo e nelle partecipate, nel tentativo di accattivarsi le grazie di qualche sostenitore all’assise civica. Ci sono stati poi i consulenti vari, pure quella per i rapporti con Malta, i contributi e gli esperti (l’ultimo in ordine di tempo dovrà partorire le misure correttive imposte dai magistrati della Corte dei Conti). Al netto di nomine, però, i risultati non si vedono e non sembrano esserci “prostitute” che tengano. E’ vero che tanti in consiglio comunale e fuori cambiano casacca politica con troppa facilità, ma l’attuale stato del municipio non può solo essere conseguenza di chi c’era prima. Messinese le possibilità per invertire la rotta le ha avute e probabilmente le ha mancate del tutto. Poi, ha scelto di ricadere nei “peccati” di sempre. Messo alle strette, ha chiesto aiuto e supporto anche a qualche “grande vecchio”, che dal municipio non è mai uscito. Ora, si scaglia contro le “vecchie prostitute” della politica, ma probabilmente è troppo tardi e la città attendeva ben altro.
Viva la verità, fa piacere che non è ancora morta