Il coraggio di un imprenditore ha contribuito all’arresto degli stiddari

 
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Gela. Continuano ad emergere nuovi particolari dietro le quinte dell’operazione antimafia “Agorà” che, la scorsa settimana, ha portato alla scoperta di un nucleo, ancora attivo, della stidda: capeggiato, stando agli inquirenti, da Emanuele Palazzo.

Un notevole contributo alle indagini è giunto dalle dichiarazioni rese dall’imprenditore edile Ignazio Missud, spinto alla denuncia dal presidente dell’associazione antiracket Renzo Caponetti. E’ stato proprio l’esponente dell’organizzazione dedicata al commerciante Gaetano Giordano a ricevere le prime confidenze dell’imprenditore. Missud, infatti, per diversi anni, ha dovuto sostenere il peso di “visite” fin troppo invadenti. Alle sue attività si sarebbero interessati diversi affiliati a stidda e cosa nostra. Ad avvicinarlo, per primo, sarebbe stato Giuseppe D’Arma, storico esponente di cosa nostra. Fu il boss a consigliarli di non rispondere ad altre richieste estorsive. “Se vengono – disse D’Arma a Missud – assicutili, tu te la devi vedere solo con me”. L’incontro avvenne all’interno di un l bar di via Venezia: locale nel quale, dopo qualche giorno, l’imprenditore consegnò circa mille euro in contanti al boss. L’imposizione prevedeva di versare nelle mani del boss un ammontare pari al due percento degli appalti acquisiti dal gruppo Missud. Con la collaborazione di Renzo Caponetti, a distanza di diversi anni dalle prime richieste estorsive ricevute, il noto imprenditore ha scelto di collaborare con gli inquirenti. In questo modo, i magistrati della Dda di Caltanissetta e i carabinieri del reparto territoriale hanno potuto approfondire altri episodi. Alla porta del gruppo Missud, inoltre, avrebbero bussato anche l’altro esponente di cosa nostra Alessandro Antonuccio e lo stiddaro Franco Morteo.

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