Gela. Va risarcito dopo nove anni di detenzione, trascorsi in diversi ospedali psichiatrici giudiziari della penisola. Un periodo lunghissimo che ha causato danni permanenti al trentaquattrenne gelese Antonio La Perna. Una detenzione proseguita, nonostante tutte le accuse mosse a suo carico siano poi cadute. La richiesta di risarcimento è stata ribadita, davanti ai giudici della Corte d’appello di Caltanissetta, dal suo legale, l’avvocato Concetta Di Stefano, che si è rivolta ai giudici nisseni ritenendo che quello di La Perna sia stato un caso di ingiusta detenzione. Un calvario iniziato nell’ottobre del 2007 e finito solo dopo nove anni. In mezzo, una lunga sequela di relazioni favorevoli, redatte da medici ed esperti, nelle quali si indicava la necessità di interrompere la detenzione, consigliando il trasferimento in centri di cura più idonei. I danni che oggi La Perna si trova a sopportare non sono solo fisici, ma sono soprattutto psichici. Per anni, il padre e il legale hanno chiesto che sul caso si facesse chiarezza. Invece, i magistrati interpellati hanno sempre respinto le istanze di scarcerazione o di modifica della misura impostagli. Il legale, anche nel corso del procedimento avviato in Corte d’appello, ha spinto, eventualmente, per la nomina di un perito che possa confermare le conseguenze riportate dal trentaquattrenne.
La lettera al ministro della giustizia. Oltre ad un vasto ricorso, ha depositato decine di cartelle cliniche. Ma che il caso avesse oramai travalicato ogni limite normativo, seppur solo quattro anni fa, lo aveva capito l’allora direttore dell’opg di Reggio Emilia Valeria Calevro. Nell’aprile del 2014, con i pareri favorevoli del dirigente medico e della psicoterapeuta della struttura, scrisse all’ex ministro della giustizia Andrea Orlando. Per il direttore dell’ospedale psichiatrico giudiziario emiliano, la detenzione di La Perna violava i diritti umani. Un “ergastolo bianco”, così lo definiva nella missiva inviata al ministro. Solo due anni dopo, però, il trentaquattrenne riuscì a lasciare la struttura, dopo nove anni di internamento. Adesso, i giudici della Corte d’appello di Caltanissetta si sono riservati di decidere e valuteranno l’intera documentazione prodotta. Tutto era iniziato con l’accusa di estorsione. Avrebbe chiesto alla nonna, con insistenza, circa venti euro. La donna, successivamente, ritirò la denuncia, ma per Antonio La Perna fu solo l’inizio della fine.