Gela. Erano tanti i clienti che acquistavano la cocaina. Giovani, ma anche esercenti e un imprenditore edile, che attraverso un proprio dipendente era in contatto con gli spacciatori. Vicende emerse nel corso dell’inchiesta “Bombola d’oro” e che adesso, per tre coinvolti, sono state definite dal collegio penale del tribunale. Un anno di reclusione ciascuno per Pietro Caruso, Orazio Tosto e Cinzia Valenti, per quest’ultima con pena sospesa. Il dispositivo è stato letto dal presidente del collegio penale Miriam D’Amore, a latere Tiziana Landoni e Ersilia Guzzetta. I tre vennero coinvolti nell’inchiesta, condotta dai carabinieri del reparto territoriale e coordinata dai pm della procura. Alla fine, il collegio ha derubricato le accuse a spaccio di lieve entità. Molto più dure, invece, erano state le richieste formulate dal pubblico ministero Federica Scuderi. Il magistrato, ritenendo provato il coinvolgimento di tutti gli imputati, ha chiesto la condanna a nove anni di reclusione ciascuno per Caruso e Tosto e a dieci per Cinzia Valenti. L’accusa, nel corso della requisitoria, ha tracciato i contorni fondamentali dell’indagine. “La droga, per sviare gli inquirenti – ha detto – la chiamavano pizza, documenti, carciofi o caramelle”.
I contatti per la droga. I clienti, nella maggior parte dei casi, contattavano telefonicamente gli spacciatori, molti dei quali già giudicati in precedenza. I difensori, gli avvocati Carmelo Tuccio, Flavio Sinatra, Davide Limoncello e Raffaela Nastasi, però, hanno nettamente respinto la ricostruzione del pm e giudicato sproporzionate le richieste di condanna, a fronte di quanto ricostruito dagli investigatori rispetto al presunto ruolo dei tre. Non ci sarebbe stata prova effettiva della cessione della droga né del coinvolgimento degli imputati. Il collegio, alla fine, ha emesso tre verdetti di condanna, seppur più lievi rispetto alle richieste dell’accusa.