Gela. Si sono difesi, due medici dell’ospedale Vittorio Emanuele, finiti a processo (davanti al giudice Tiziana Landoni), con l’accusa di interruzione di pubblico servizio. Tutto nacque dalla segnalazione di un utente della struttura ospedaliera di Caposoprano, che non riuscì a ricevere la prestazione ambulatoriale prevista, un intervento in day hospital già fissato. Partì l’approfondimento investigativo, che ha poi condotto a giudizio Vincenzo Iudici e Giuseppe Polara. I due medici, però, hanno risposto alle accuse. Nel periodo al centro dell’indagine, la carenza di medici nel reparto di chirurgia sarebbe stata pesantissima, tanto da spingere lo stesso Iudici a scrivere alla direzione e a ottenere la rimodulazione del servizio ambulatoriale, da affiancare all’attività di reparto. “Venne emesso un ordine di servizio”, hanno detto. Come sostenuto dai difensori, gli avvocati Filippo Spina e Mariella Giordano, il servizio ambulatoriale non venne mai bloccato, ma solo rimodulato.
In sostanza, solo due unità, in quella fase (nel febbraio di quattro anni fa), erano assegnate a tempo pieno al reparto di chirurgia del nosocomio e non avrebbero avuto la possibilità di coprire l’intero carico, in reparto e per le prestazioni ambulatoriali. Gli imputati hanno risposto alle domande dei loro difensori e del pm Gesualda Perspicace. Hanno ribadito di non aver mai rifiutato prestazioni sanitarie, ma di essersi affidati all’ordine di servizio che rimodulava le prestazioni.