Giornalisti sotto tiro, assolti due nostri cronisti: la diffamazione non regge

 
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Gela. Quando il comportamento deontologico è stato diligente, l’attività di riscontro è stata svolta con scrupolosità e viene provata la mancanza di colpa e dolo non ci può essere diffamazione.

Sono queste le motivazioni che hanno spinto il giudice del tribunale Chiara Raffiotta a pronunciare la sentenza di assoluzione “perchè il fatto non costituisce reato” nei confronti dei giornalisti Fabrizio Parisi e Rosario Cauchi. I due erano stati denunciati da A.M. (omettiamo volutamente le generalità), un giovane di 23 anni cui lo scorso anno ignoti hanno incendiato l’auto.

Il primo ottobre dello scorso anno si verificarono in città 5 incendi notturni. Uno di essi vide come vittima proprio M., proprietario di una Bmw X3. Sul nostro sito Parisi aggiunse che si trattava di un pregiudicato, salvo scoprire, attraverso una nota dello stesso querelante, che fosse assolutamente incensurato. Cauchi su “Visione di oggi” aggiunse che era stato protagonista di una rapina in gioielleria. I due giornalisti furono indotti in errore per un mero caso di omonimia, poiché in effetti nel 2004 un A.M., venne arrestato come presunto autore di una rapina in gioielleria. La rettifica fu immediata ma non bastò ad evitare la citazione in giudizio. Durante il dibattimento i legali dei due giornalisti (che hanno reso dichiarazioni spontanee), avvocati Salvo Macrì e Vittorio Giardino, hanno sottolineato come il comportamento dei cronisti sia stato corretto. Le fonti primarie avevano confermato che fosse un pregiudicato ed inoltre negli archivi risultava un A.M. con un’età simile. Anche il pm Giampiero Cortese aveva chiesto l’assoluzione, sottolineando che non poteva essere sostenuta la tesi della diffamazione davanti alla mancanza di colpa, dolo e ad una corretta deontologia.   

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