Gela. Per i poliziotti del commissariato e per i pm della procura, erano loro le vere menti della presunta banda di Sant’Ippolito, scoperta con l’inchiesta “Praesidium”. Così, davanti al gup Lirio Conti, arrivano le condanne. Sette anni e tre mesi di reclusione a Paolo Melilli, sei anni e dieci mesi per Giovanni Canotto, sei anni a Carmelo Meroni, cinque anni e otto mesi a Giuseppe Giaquinta e quatto anni e due mesi per Marzio Smorta. La condanna è stata pronunciata anche per Niculai Cozma, un cittadino di nazionalità romena. Erano accusati di furti e danneggiamenti. Nel corso delle indagini, gli inquirenti seguirono per mesi le mosse degli imputati, che hanno tutti scelto il rito abbreviato. La loro base logistica era tra le vie del quartiere Sant’Ippolito. Da lì, poi, si spostavano per mettere a segno i furti, in abitazioni private e attività commerciali. In base alle accuse, avrebbero avuto un ruolo pure nello spaccio di droga. Il pubblico ministero Luigi Lo Valvo, a conclusione della requisitoria, ha chiesto condanne per tutti gli imputati, ritenendo confermati gli elementi di accusa.
L’inchiesta “Praesidium”. I difensori, invece, hanno contestato l’ipotesi dell’esistenza di una banda, impegnata nei furti e nei danneggiamenti, compresi gli incendi di automobili. Per le difese, in molti casi, non ci sarebbero stati elementi certi, tali da collegare gli imputati ai fatti contestati. Le azioni sono state ricostruite utilizzando le immagini registrate dai sistemi di videosorveglianza, che immortalerebbero proprio tutti i coinvolti nell’inchiesta, oltre alle intercettazioni. Della banda avrebbero fatto parte pure alcuni minorenni, che ne rispondono davanti a giudici del tribunale di Caltanissetta. A tutti gli imputati è stata imposta la libertà vigilata, per un periodo di due anni. Sono difesi dagli avvocati Giacomo Ventura, Salvo Macrì, Mariella Giordano, Giusy Ialazzo e Giuseppe Fiorenza.