Gela. Assolti perché non avrebbero responsabilità nello sversamento di acido solforico e di altri reflui non depurati, finiti in mare nel maggio di cinque anni fa. Il giudice Marica Marino ha pronunciato il verdetto a conclusione del dibattimento aperto nei confronti di Bernardo Casa, ex amministratore delegato di raffineria Eni, Massimo Pessina, già responsabile di Soi 4, e della stessa Raffineria di Gela spa. “Il fatto non sussiste”, questa la formula pronunciata nel dispositivo dal magistrato che ha anche escluso la responsabilità amministrativa della società del cane a sei zampe. Il malfunzionamento di un misuratore, almeno in base a quanto ricostruito dai pm della procura, causò la fuoriuscita di circa tre tonnellate di sostanze pericolose, finite in mare. “Siamo certi della presenza di acido solforico – ha detto il pm Sonia Tramontana nel corso della sua requisitoria – ma dagli accertamenti compiuti dai tecnici della Provincia, sarebbe emersa la presenza anche di zinco e mercurio”. Per l’accusa, gli imputati sapevano che il malfunzionamento di quel misuratore avrebbe potuto incidere sul processo di lavorazione all’impianto trattamento acque di falda. Così, il pm ha chiesto la condanna di Casa e Pessina ad un anno e otto mesi di reclusione, oltre al riconoscimento della responsabilità di raffineria. Il giudice Marino, però, non ha accolto la ricostruzione condotta dall’accusa. La condanna degli imputati è stata chiesta dalle parti civili costituite. In giudizio, c’erano il Comune, la Regione, il Ministero dell’Ambiente e le associazioni Aria Nuova e Amici della Terra di Gela. Gli avvocati Joseph Donegani, Antonino Ficarra, Giuseppe Laspina e Ausilia Faraci hanno ribadito che gli imputati sapevano cosa sarebbe potuto accadere senza un intervento sul sistema mal funzionante.
I protocolli rispettati. I difensori, invece, hanno prodotto una vasta documentazione tecnica, portando a deporre in aula i periti di parte che si sono occupati di analizzare gli aspetti tecnici di quanto accaduto cinque anni fa in raffineria. Dalle loro conclusioni, è emersa una responsabilità ma solo in capo agli operatori di turno al momento dei fatti, che non avrebbero rispettato i protocolli imposti dall’azienda e dai referenti delle operazioni. Gli avvocati Gualtiero Cataldo, Alessandra Geraci e Angelo Mangione hanno escluso qualsiasi correlazione tra l’accaduto e le posizioni ricoperte da Casa e Pessina. Lo sversamento in mare venne ricostruito durante un accesso ispettivo alla fabbrica di contrada Piana del Signore, effettuato dai tecnici della Provincia di Caltanissetta e dai militari della capitaneria di porto.