Gela. “Fino al 1996, in raffineria, nessuno aveva mai sentito parlare della pericolosità dell’amianto. Solo in quel periodo, iniziarono i primi corsi per informarci. Se avessi saputo quali conseguenze poteva causare, di certo sarei stato più cauto”. L’ha detto, in aula, un operaio, attualmente impegnato tra gli impianti dello stabilimento di contrada Piana del Signore, che ha contratto l’asbestosi. “A causa della malattia – ha continuato – non svolgo più le stesse mansioni”. “Ci occupavamo di coibentare e scoibentare – ha spiegato un altro lavoratore sentito in aula davanti al giudice Marica Marino – l’amianto era come il borotalco ed era ovunque, nei tubi, nelle apparecchiature, nelle colonne. Solo dopo il 1996, iniziammo ad utilizzare maschere ventilate. Mi è stata diagnosticata una patologia alla pleura”. Ricostruzione confermata anche da un ex operaio, che per decenni si occupò di pulizie negli impianti e, di conseguenza, era a stretto contatto con l’amianto che si liberava durante i lavori di intervento. A processo, ci sono Armando Grassi, Giancarlo Barbieri, Alfonso Valerio, Alessandro Colnaghi, Francesco Mauro, Salvatore Verniccio, Rocco Ardore, Antonio Catanzariti, Gregorio Mirone, Giancarlo Fastame, Giorgio Clarizia, Giuseppe Farina, Vito Milano, Salvatore Vitale, Giovanni Calatabiano, Giuseppe Genitori, Giorgio Daumiller e Arturo Borntragger. Sono ex vertici della fabbrica di contrada Piana del Signore.
L’amianto in fabbrica. Gran parte dell’indagine, condotta dai pm della procura, ruota intorno all’esposizione all’amianto tra gli impianti e alla mancata adozione delle necessarie misure di precauzione. La società Raffineria di Gela è in giudizio come responsabile civile. I testimoni, costituti parte civile con gli avvocati Ezio Bonanni e Davide Ancona, hanno risposto alle domande del pm Sonia Tramontana e a quelle dei legali di tutte le parti. “Le tute da lavoro, spesso, le portavamo a casa per farle lavare – ha continuato uno degli operai – molti lo facevano abitualmente”. Le difese, però, hanno scandagliato il loro passato lavorativo, nel tentativo di capire se abbiano svolto attività in altri siti industriali. Diversi difensori, inoltre, si sono soffermati sull’eventuale incidenza del fumo da sigaretta. “Sì, è vero – ha risposto uno dei testimoni – ho fumato per circa venti anni, ma poi ho smesso. Il medico che mi visitava non ha mai accertato nulla di anomalo. Al termine delle accertamenti che venivano previsti dall’azienda, risultavamo sempre idonei al lavoro”. Altri operai sono parti civili con l’avvocato Claudia Caizza. Nel pool di difesa, tra gli altri, ci sono gli avvocati Giacomo Ventura, Antonio Gagliano, Flavio Sinatra, Gualtiero Cataldo, Maria Elena Ventura, Pietro Pistone, Attilio Floresta, Alessandra Geraci, Luca Mirone e Pietro Granata.