I re Borboni, che regnarono nel Regno delle Due Sicilie, erano di origine Spagnola, ma gli ultimi erano nati o a Napoli o Palermo. Nel 1798 Ferdinando IV o Ferdinando II re delle due Sicilie (nasceva a Napoli nel 1751 e moriva a Napoli nel 1825), e la moglie Maria Carolina, dovettero fuggire da Napoli per recarsi a Palermo, dove si fermarono fino al 1806. Essendo il re amante della caccia, cercò nuovi spazi per allargare la Reale Tenuta della Favorita, costruita in omaggio alla sua seconda moglie morganatica Lucia Migliaccio, duchessa di Floridia. Il sovrano, alla moglie Maria Carolina, fece costruire una palazzina Cinese, così i suoi possedimenti si estesero fino a Palazzo Adriano e poi da Ficuzza a Marineo. Queste meravigliose oasi della Sicilia , furono completamente abbandonate e per qualche tempo lasciate ad amministratori del nord. Secondo le affermazioni di Antonio Gramsci: il nord ha piovrizzato il sud con una annessione violenta dove la Città più ricca (Napoli), diviene più povera dopo l’unificazione e fu una sciagura la rivoluzione passiva, che non portò nessun beneficio al sud e con l’aggressione dei nordisti il sud fu ridotto in povertà assoluta. Così Erri De Luca, sul Corriere della Sera del 21 settembre 1995 affermava: Garibaldi non veniva a liberare il Regno di Napoli dai Borboni ma veniva a prenderlo. A Napoli mancò uno straccio di re che capisse che nell’Europa delle nazioni l’Italia era destino inevitabile. Mancò un re che stipulasse coi modesti Savoia, signori di una provincia subalpina, un contratto Italia almeno alla pari, non tra occupanti e occupati. Napoli da allora è una capitale europea abrogata, non decaduta ma soppressa. Uno storico britannico, David Gilmour, nel suo saggio the pursuit of italy si è occupato della società italiana, descrivendola al pubblico internazionale, vome una bocciatura del risorgimento, in quanto processo unitario fallito.
Il diritto al sud era superiore a quello piemontese. Peccato non sia nato uno stato federale. Gli italiani dell’ottocento, volevano un Paese unito ma su basi diverse. Se nel 1861 si fossero messe a punte le regole emanate dai Borboni, decisamente superiori a quelle dei piemontesi, oggi avremmo un’Italia veramente unita. Vogliamo ricordare, ancora alcune osservazioni di storici stranieri, quali l’americano Michael Ledeen con la scrittura di un libro Virgil’s Golden egg and other Neapolitan Miracles, nel settembre 2011, si disse tragicamente innamorato della cultura Napoletana che non accenna a smettere di arricchire l’ occidente e che è superiore alla miseria e ai mali della città. Ecco alcuni passaggi dal National Review Online.
Il risorgimento fiorentino è finito, l’età d’oro della Grecia è durata meno di un secolo, ma il regno delle due Sicilie continua a creare l’effetto di Napoli. Goethe lo sapeva, Hans Cristian Andersen lo sapeva, Mark Twain e Walter Benjamin e gli Shelly lo sapevano . Non è un caso che Mary Shelly ha scritto Frankenstein a Napoli. E per finire la citazione di Lucio Dalla da Bologna disse: se ci fosse una puntura intramuscolare con dentro tutto il napoletano me la farei, anche se costasse duecentomila euro. All’inizio dell’ottocento, sotto l’egida del protezionismo doganale, Ferdinando di Borbone, avvia le prime ferrovie in Italia, avvia il primo stabilimento meccanico, costruisce le prime navi in ferro, le prime navi a propulsione meccanica, esporta vaporiere in Piemonte e altrove. Fa in modo che la siderurgia, la meccanica, l’industria laniera e cotoniera abbiano uno sviluppo senza paragoni in Italia, porta la flotta mercantile a livelli mondiali, favorisce l’arte, la musica, il pensiero umanistico, la medicina, le scienze naturali , tutte cose in cui Napoli e Palermo primeggiano (Nicola Zitara).
Non mi sembra il caso di sottoporre a “revisione storica” anche le date. Ferdinando III in fuga a Napoli giunse a Palermo la notte del 25 dicembre 1798: Meli compose per l’occasione una “vastasata”. Tornò a Napoli l’11 luglio 1799. Il secondo “soggiorno” siciliano, sotto protezione inglese, durò dal marzo 1806 al 1815.
E a proposito dell’illuminato governo borbonico, ma qualcuno sa che nel 1840 un cantajo di zolfo costava a Riesi tarì 3.16 a bocca di cava ma per la mancanza di strade spedirlo a Licata per l’imbarco alzava il prezzo a tarì 6.9 ? E questo è solo un esempio.