Gela. Le sorti di un’intera città votate all’Eni e all’industria pesante. Anche quando, come adesso, i posti di lavoro non sono più quelli di un tempo e il “sogno” di entrare in raffineria si è man mano avvizzito, quasi come le mani di chi ci lavora da decenni, la multinazionale continua a dettare le regole del gioco, tra compensazioni, protocolli e investimenti, ora soprattutto green. In “La Città a sei zampe”, Andrea Turco non si limita alla prosopopea epica del “sogno” di Enrico Mattei. La mette nella sua cronaca, ma preferisce raccontarla dagli occhi di chi in quella fabbrica ci ha passato la vita e che, magari, Mattei neanche sa chi fosse. Così, nel saggio appena edito dalla catanese “Villaggio Maori edizioni”, c’è la “storia”, quella in bianco e nero delle riprese di registi, che poi si sarebbero fatti conoscere, ma ci sono anche le strade presidiate da quegli stessi operai che il posto di lavoro “a vita” se lo vedevano sfuggire. Ci sono i racconti delle mobilitazioni successive alla firma del protocollo d’intesa del novembre di quattro anni fa, ma anche i dialoghi con chi in raffineria non c’è mai entrato. C’è la città dell’abusivismo edilizio e c’è un “sogno tossico”, fatto di politica sempre troppo compiacente e sindacato poco barricadero.
Turco (attuale collaboratore di MeridioNews e con un breve passato anche a Repubblica-Palermo e già autore del saggio “Fate il loro gioco”), ha seguito le vicende degli ultimi anni che hanno portato alla “chiusura della raffineria”, almeno nel ciclo di lavorazione degli idrocarburi, e c’ha messo il sudore e le parole di chi in quella fabbrica è entrato per restarci, salvo accorgersi, forse troppo tardi, che qualcosa stava cambiando. “La Città a sei zampe” è la conseguenza, funesta, di una città votata alla Madonna dell’8 settembre e al posto in fabbrica, raccontata dai “figli degli operai…”.
Nel frattempo la grande ENI…. ha ricominciato a chiamare i propri dipendenti che lavorano in enimed a Ponte olivo per capirci … per ricominciare a tagliare e mandare via da gela altre famiglie. Col tacito consenso del sindacato colluso e compiacente. L’Eni prima manda le persone e poi fa i finti investimenti. Se solo qualche dipendente avesse il coraggio di ribellarsi! Ma oggi il lavoro è una chimera e questo eni lo sa… Quindi tutti zitti e nel frattempo gela distrutta e l’Eni piani piano sta sparendo da gela dopo averla devastata.