Rifiuti tossici nella vasca A, i periti della difesa: “Rispettata la messa in sicurezza”

 
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La vasca al centro dell'inchiesta

Gela. Le procedure di messa in sicurezza e bonifica di quel sito sarebbero state rispettate, così come indicato nelle autorizzazioni che, nel corso del tempo, sono state rilasciate. Per i periti scelti dai difensori dei quattro imputati, tecnici ma anche manager di Eni, non ci sarebbero state irregolarità nella gestione di quello che gli investigatori ribattezzarono “black hole”, buco nero, la vasca A zona 2 della raffineria di contrada Piana del Signore. Tre esperti, tutti docenti universitari, sono stati sentiti davanti al giudice Miriam D’Amore. Nel dibattimento, le accuse dei pm della procura vengono mosse a Battista Grosso, Giuseppe Ricci, Rosario Orlando e Felicia Massetti. In base a quanto emerse dalle indagini, condotte dai militari della capitaneria di porto, in quella vasca sarebbero stati stoccati e smaltiti rifiuti tossici e pericolosi e materiali di ogni tipo. I periti scelti dalla difesa, invece, hanno ribadito che la messa in sicurezza del sito venne effettuata in maniera efficace, attraverso una serie di “opere di barrieramento”. L’uso di quella vasca come discarica, inoltre, sarebbe stato autorizzato e, in ogni caso, le attività di bonifica avrebbero garantito i risultati richiesti.

Le verifiche sulla falda. I periti hanno escluso che le sostanze pericolose presenti in discarica possano aver inciso sulla falda sottostante. “La quota di falda – hanno detto – non è stata intaccata da inquinanti”. In base agli accertamenti condotti dal pool, le concentrazioni di inquinanti registrate nella vasca sarebbero state, in percentuale, minori rispetto a quelle del sottosuolo. Per gli esperti, quell’area sarebbe stata interessata da fenomeni di “contaminazione storica”. Una ricostruzione, che è contestata dal pm Pamela Cellura, ma anche dai legali di parte civile, gli avvocati Stefania Valente, Michele Micalizzi, Giovanni Avila, Paolo Testa e Giuseppe Laspina, che assistono il Comune, la Provincia di Caltanissetta, il Ministero dell’ambiente e l’operaio Vincenzo D’Agostino, per anni a contatto con le emissioni della vasca A. Per l’accusa, invece, non sarebbero state adottate misure idonee ad evitare la contaminazione di quell’area, trasformata in discarica tossica.

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