Gela. “In questa fase, almeno l’ottantacinque per cento della forza lavoro dell’indotto Eni ha trovato occupazione in fabbrica”.
Gli operai continuano a partire. I dati li mette uno dietro l’altro il segretario confederale della Cisl Emanuele Gallo. Nell’indotto della fabbrica, insomma, si starebbe respirando, nonostante i contratti a termine, il peso delle agenzie di lavoro interinale e nuovi focolai di protesta, come quello degli operai della Bng, costretti alle ferie forzate a causa della scarsità di commesse da Syndial. Allo stesso tempo, tanti sono stati costretti ad andarsene, soprattutto nella fase di minor occupazione, successiva al progetto di riconversione green della fabbrica di contrada Piana del Signore. Se ne vanno i giovani operai ma se ne vanno anche quelli molto più attempati. “Partono i ventenni, che spesso trovano i primi contratti di lavoro – dice un trasfertista – ma continuano a partire anche quelli della mia età, quindi cinquantenni e sessantenni”. Si muovono tra le “fermate” dei siti industriali siciliani e di quelli della altre regioni della penisola. Spesso, però, la manodopera formata nell’indotto se ne va anche all’estero. “Partono per diverse destinazioni – spiega un altro lavoratore – Olanda, Austria, Germania, Francia, ma anche l’Est Europa”. Vengono ingaggiati con contratti a termine e, spesso, con soldi pagati fuori busta. Straordinari continui per ottimizzare i tempi dei cantieri e praticamente nessun giorno di riposo. “In effetti – dice proprio Emanuele Gallo – negli ultimi anni, dopo l’avvio del processo di riconversione della raffineria, abbiamo registrato un notevole aumento della percentuale di lavoratori che lascia la città per trovare occupazione altrove. C’è chi lo fa per brevi periodi e chi, invece, riesce a trovare occupazione stabile. Una cosa è certa, servirebbe un maggior coordinamento per regolare i rapporti tra i committenti e le aziende subappaltatrici che ingaggiano gli operai disposti alle trasferte. Solo in questo modo, la sicurezza potrà migliorare”.
Appalti e subappalti. Anche il ventisettenne Gianluca Caterini aveva trovato l’occasione giusta e un contratto a termine, che lo avevano portato ad Ascoli Piceno, nei cantieri per la realizzazione di un metanodotto, dove però ha perso la vita. “C’è un’indagine in corso e le cause di quanto accaduto verranno valutate – ammette ancora il sindacalista – è chiaro che bisogna sempre migliorare quando si tratta di sicurezza sul lavoro. Le norme ci sono e sono stringenti. Allo stesso tempo, quando si cerca di massimizzare i tempi per guadagnare lavori e appalti, allora tutto ritorna in gioco. Mi riferisco soprattutto alle tante società che ingaggiano lavoratori gelesi, operando poi per conto di altre aziende committenti”. Il lavoro “mordi e fuggi”, di questi tempi, diventa l’ultima spiaggia per tutti quegli operai rimasti fuori dal ciclo produttivo della fabbrica Eni o per quelli che in fabbrica non hanno mai messo piede. “Mi ribello al trattamento riservato ai lavoratori che nelle ultime quarantotto ore hanno perso la vita nei cantieri – dice invece il segretario confederale della Cgil Ignazio Giudice rispetto a quanto accaduto al giovane Gianluca Caterini – non possono esistere distinzioni, mi fa schifo la politica nazionale che cita solo le morti di Milano dimenticando Gianluca Caterini. I morti sul lavoro, i caduti nell’adempimento dei loro doveri, non hanno città d’origine e vanno ricordati allo stesso modo”.
Questo è il primo blocco di testo
Questo è il secondo blocco
Caro Gallo, lei non lo sapeva che firmando quello schifo di accordo, tutti sarebbero partiti da Gela e veniva distrutta un economia di un territorio, ma che sindacalista e lei e anche gli altri sapete solo parlare, vada a fare l’operaio se lo sa fare.
Condoglianze per la famiglia Caterini, ciao Gianluca rip