Gela. Sviluppo Democratico, il movimento fondato un anno fa dai fedelissimi del sindaco
Domenico Messinese, non si è di certo affermato per presenza massiccia né per le troppe adesioni.
Ferrara si è dimesso. Dopo la nascita, tenuta a battesimo proprio dal sindaco, per diverso tempo è sembrato una sorta di oggetto misterioso. Nel frangente più difficile dei due anni di giunta Messinese, con una mozione di sfiducia che sta per arrivare in consiglio comunale, i suoi sostenitori vogliono aprire “una nuova fase”. Il segretario cittadino Emanuele Ferrara ha presentato le dimissioni ma rimane socio del movimento.
Così, sarà il presidente Giuseppe Ventura, nei prossimi giorni, a convocare l’assemblea per assegnare le cariche interne. Sviluppo Democratico conferma il sostegno a Messinese e alla sua giunta ter, ma i supporter del sindaco vogliono avere un “ruolo più marcato nello scenario politico della città”. Ferrara lascia, dopo che il suo incarico, inizialmente semestrale, era stato prorogato, anche a seguito delle consultazioni che il sindaco aveva avviato la scorsa estate. Quelli di Sviluppo Democratico lanceranno una nuova fase di tesseramento.
Salinitro e Di Francesco lasciano. Se ne vanno, invece, gli ex assessori messi alla porta dal sindaco, Francesco Salinitro e Flavio Di Francesco. Un addio tutt’altro che tenero. “E’ la conclusione cui siamo giunti – dicono – dopo il venir meno di un impegno politico alla base di un’onda di cambiamento, voluta dai gelesi nel 2015, che aveva portato la giunta Messinese al governo della città. Il disimpegno si è consumato definitivamente con l’appoggio di una parte della giunta, sindaco compreso, ad Alternativa Popolare e al candidato di riferimento, senza che all’interno di Sviluppo Democratico si sia mai svolto alcun dibattito politico su tale scelta e nonostante l’assemblea del partito si sia espressa in senso contrario”. Per i due ex assessori Sviluppo Democratico sarebbe stato trasformato in un contenitore, quasi vuoto. “Nel corso dei due incontri successivi al pessimo risultato elettorale delle regionali del 5 novembre scorso, non c’è stato alcun cenno autocritico sulle scelte compiute dal gruppo ristretto. Ormai Sviluppo Democratico è stato esautorato e non è più chiamato a svolgere alcun ruolo nella gestione della crisi, ruolo che è stato preso in mano da due o tre persone al massimo. Esautoramento che è divenuto completo quando una parte del direttivo ha manifestato contrarietà alla scelta elettorale compiuta, scelta per di più imposta in modo autocratico e pretenzioso. Al risultato elettorale sussegue il repentino, finto, azzeramento della giunta, che al di là dei modi più che discutibili utilizzati, viene compiuto al solo scopo di liberarsi degli assessori scomodi, facenti parte o no di Sviluppo Democratico. L’espulsione della maggioranza degli assessori è così importante per gli esecutori che l’azzeramento avviene incurante dei danni che possono derivare alla città per atti in corso di esecuzione e istantaneamente bloccati, per l’iter in corso di approvazione del bilancio che imbocca un crinale eccessivamente rischioso, per il blocco dell’attività di chiusura di alcuni progetti del Patto per il sud, che avevano il 31 dicembre come data ultima di conclusione della progettazione esecutiva e di presentazione in Regione”. Salinitro e Di Francesco se ne vanno da Sviluppo Democratico ma già promettono di “impegnarsi ad ogni livello politico e istituzionale affinché le prerogative del territorio siano garantite e salvaguardate”.