Gela. Il 17 dicembre del 1999, con delibera numero 54/134, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ha fissato per il 25 novembre di ogni anno la giornata mondiale contro le violenze sulle donne.
Causa scatenante è stata la morte delle tre sorelle Mirabal (Aida, Maria e Antonia attiviste del “Movimento 14 giugno”), barbaramente trucidate il 25 novembre del 1960 dal crudele regime di Rafael Leónidas Trujillo, dittatore della Repubblica domenicana. Anche Gela ha voluto onorare il dettame dell’ONU con varie manifestazioni, tra cui la serata-evento di sabato 26 novembre scorso al Teatro Eschilo. Oggetto della serata un tema, quindi, particolarmente dibattuto, LA VIOLENZA SULLE DONNE, che vede impegnate tutte le migliori sensibilità perché tale fenomeno venga arginato e ricondotto nell’alveo di rapporti di convivenza civile. Archiviata felicemente e con lusinghieri giudizi la prima edizione 2016, il circolo culturale PALCO UNO di Ragusa ha proposto la seconda edizione, inserendo nuovamente nel suo programma anche la città di Gela. Si è trattato di un recital di testi, forse meglio sarebbe dire di “testimonianze”, di donne di ogni parte del mondo. Anima e motore dello spettacolo è il regista e autore Maurizio Nicastro. Di nuovo c’è che, rispetto alla prima edizione, sono stati proposti nuovi testi e nuovi attori, i cui nomi da soli facevano già presagire una performance di prim’ordine. E’ stato un segno di autentica civiltà ascoltare la voce delle vittime, conoscerne il dramma, diffonderne il messaggio. In toccanti monologhi che hanno raccontato episodi drammatici realmente accaduti, vittime ovviamente le donne, si sono esibite la talentuosa Francesca Ferro, degna figlia del celeberrimo e mai dimenticato Turi Ferro; Simonetta Cuzzocrea di cui viene ricordata ancora la prestazione in La confessione; e che dire di Tiziana Bellassai, Marta Marchese e Alida di Raimondo se non rimarcarne la bravura e la professionalità? Il coordinamento è stato di Tina Accardo.
I monologhi sono stati intervallati e arricchiti da momenti di musica, di danza, di suggestive proiezioni e di arte visiva. I brani sono stati cantati, da par loro, da Morena Licitra e Anna Salsetta; bravissime le ballerine sulle suggestive coreografie di Emanuela Curcio, proveniente dall’Accademia Nazionale di danza di Roma, il cui curriculum artistico è nutrito di prestazioni che hanno travalicato i confini nazionali. Suggestivo, all’apertura del sipario, un simbolico volo di colombe, che poi ha finito con l’accompagnare l’intero spettacolo. Mossa molto azzeccata del regista, di cui è doveroso sottolineare la sensibilità (anche estetica), nell’inserire nel cast anche un uomo, come a ribadire che i due mondi non debbano necessariamente collidere anche quando le donne denunciano le violenze subite e rivendicano legittimamente i loro diritti. Questo perché la testimonianza di un uomo assume probabilmente un peso e una rilevanza maggiori. E’ ciò che ha saputo fare molto bene Massimo Leggio, apprezzata conoscenza anche nel cinema. E, per ultima, ma non per talento, Maria Giannone, attrice versatile da sempre divorata dalla passione per il teatro, della quale ho potuto appurare il talento già nel 1996 quando era ancora adolescente, avendola diretta nella tragedia EDIPO RE di Sofocle. In questa occasione, superlativa e palpitante di emozione la sua prestazione, avendo rappresentato lo strazio e il dolore di una donna che ricorda la violenza subita descritta quasi nei dettagli e le sensazioni fisiche che ne sono derivate. Ogni attrice, dunque, ha dato il proprio significativo contributo di luce e pathos allo spettacolo, culminato nella deposizione sul tavolo rosso degli effetti personali delle donne che avevano subito violenza (ciò che resta semplicemente delle loro vite sacrificate).
Un religiosissimo silenzio ha fatto da sfondo alla serata e ciò ha costituito la cifra del coinvolgimento del numeroso pubblico che, a spettacolo concluso, ha continuato a sostare nella sala e nel foyer per smaltire il loro carico di emozioni. Chi per una ragione o per un’altra non ha potuto o voluto assistere all’evento, si è perso un momento significativo di arte teatrale nonché di riflessione su un problema di portata planetaria. Ecco perché eventi come quello che abbiamo succintamente descritto, costituiscono il seme di una pianta che può dare i frutti che fanno muovere una comunità verso livelli superiori di civiltà. E quanto drammatica sia la condizione della donna in molte parti del mondo, ce lo hanno ricordato personaggi come Garcia Lorca (“nascere donna è il peggior castigo”) o come Natalie Clifford Barney (“l’essere donna può essere una catastrofe”). La questione, quindi, è eminentemente culturale se è vero, come ha sottolineato Virginia Woolf, che “Dall’educazione più che dalla natura siamo state beffate”; si pensi che ancora qualche decennio fa in Sicilia era tollerato, anzi lecito, il delitto d’onore. Le donne pagano ancora oggi il prezzo del retaggio platonico, aristotelico, pitagorico, cristiano (giudizi terribili di santi e di dottori della Chiesa sulle donne, ma fortunatamente oggi non più) fino ai tempi moderni: Schopenhauer, Kant, Nietzsche, Baudelaire, Wilde, Kraus, Darwin, solo per citarne alcuni. Chiudo, per ovvie ragioni di spazio, con una nota di Eleonora Duse che, a rileggerla, mi provoca il sorriso: «Senza la donna non va niente. Questo l’ha dovuto riconoscere perfino Dio». Una nota di merito, per l’apporto significativo dato perché la manifestazione potesse vedere la luce, va all’Amministrazione comunale di Gela, alla FIDAPA di Gela, al Soroptimist di Gela, all’Inner Wheel di Gela, all’Associazione Demetra Gela di Maria Giannone.