Gela. A gennaio, potrebbero arrivare le eventuali richieste
della procura e dei legali di tutte le parti del procedimento scaturito dalla maxi inchiesta penale che ipotizza, tra le altre accuse, quella di disastro ambientale innominato.
Il disastro ambientale ipotizzato dai pm. Contestazione che i magistrati della procura, coordinati da Fernando Asaro, muovono a manager e tecnici di tutte le aziende del gruppo Eni, negli anni impegnate in città. Davanti al giudice dell’udienza preliminare Paolo Fiore, imputati sono Giuseppe Ricci, Battista Grosso, Bernardo Casa, Pietro Caciuffo, Pietro Guarneri, Paolo Giraudi, Lorenzo Fiorillo, Antonino Galletta, Renato Maroli, Massimo Barbieri, Luca Pardo, Alfredo Barbaro, Settimio Guarrata, Michele Viglianisi, Rosario Orlando, Salvatore Losardo, Arturo Anania, Massimo Pessina, Enzo La Ferrera, Marcello Tarantino, Gaetano Golisano ed Emanuele Caiola. Le attività industriali di Eni avrebbero causato enormi danni ambientali, incidendo anche sulla salute di tanti cittadini. Dopo il passo indietro degli scorsi mesi, quando la nullità di tutte le notifiche agli imputati costrinse il gup a restituire gli atti nuovamente ai pm, il giudice Fiore si è pronunciato sulle richieste di costituzione di parte civile. Così, a seguito della verifica delle istanze avanzate, sono state escluse le richieste del Comune di Niscemi, perché “gli interessi locali la cui cura è attribuita all’ente non sono astrattamente suscettibili di lesione rispetto alle condotte oggetto di contestazione”. Respinta pure la richiesta della sezione locale dell’associazione Codici. Disco rosso, inoltre, alle richieste avanzate dai legali di diciotto cittadini che per il gup “non sono legittimati a dolersi del degrado ambientale e pertanto non sono ammissibili le onnicomprensive e generiche dichiarazioni di costituzione presentate senza che vengano fatte valere specifiche pretese in relazione a determinati beni concretamente pregiudicati”.
Comune, Regione e associazioni saranno parti civili. Niente da fare per più di cinquanta operai ed ex lavoratori dell’indotto Eni che negli anni sarebbero stati a contatto con le fibre killer d’amianto. Nell’ordinanza, infatti, si legge che “l’esposizione a fibre d’amianto da cui sarebbero dipesi i danni alla salute non costituisce oggetto di contestazione nell’ambito dell’attuale procedimento”. Una decisione, quest’ultima, che sarebbe da legare, stando a quanto sostenuto dai legali dei lavoratori, ad una modifica dell’originario capo d’imputazione che invece faceva riferimento anche all’esposizione all’amianto in fabbrica. Lavoratori che hanno avanzato le loro richieste attraverso gli avvocati Davide Ancona e Lucio Greco, che rappresentano anche l’Osservatorio nazionale amianto. Ammessi come parti civili, invece, il Comune, con l’avvocato Dionisio Nastasi che ha ricevuto mandato dal sindaco Domenico Messinese e dalla sua giunta, la Regione e il Ministero dell’Ambiente, in giudizio con l’avvocato Giuseppe Laspina. Sono state accolte le istanze presentate anche da associazioni ambientaliste come Aria Nuova e Amici della Terra, con i legali Joseph Donegani, Antonino Ficarra e Salvo Macrì. Saranno parti civili diversi proprietari terrieri che avrebbero risentito negativamente proprio delle emissioni della fabbrica di contrada Piana del Signore e delle attività realizzate fuori dal sito della multinazionale. Parte civile sarà anche la moglie di un ex lavoratore della raffineria, deceduto negli scorsi anni. La donna ha avanzato la richiesta per il tramite dei legali Joseph Donegani ed Emanuele Maganuco. Altri lavoratori e operatori agricoli locali sono rappresentati dai legali Giuseppe Panebianco, Nicoletta Cauchi, Claudio Cricchio, Emanuele Maganuco, Tommaso Vespo, Enrico Aliotta, Giovanna Cassarà e Laura Cannizzaro. Un primo verdetto successivo ad una serie di eccezioni avanzate soprattutto dal pool di difesa. La procura era rappresentata dal pm Mario Calabrese. In aula, si tornerà a gennaio.