Se è vero come è vero che ogni periodo vissuto porta con sé una qualche novità, l’anello
che si stacca dalla catena incancrenitasi della consuetudine, dell’incedere del tempo, è altrettanto vero, però , che qui, in questa città, le cose cambiano sempre poco.
Voglio dire. Al momento, l’unico anello staccatosi dalla consuetudine di cui sopra, è l’anello magico dell’ex presidente Crocetta che ha traslocato da Palazzo d’Orleans e, al momento, si trova nel salotto di Crozza.
Tutto il resto, al momento, sembra uguale. Sì, lo so, l’attacco dell’incipit è perfetto per trattare il dopo elezioni e lanciarsi in un’analisi del voto, ma ci sono un sacco di politologi al momento in giro e io non amo trattare temi inflazionati dal retrogusto di naftalina. Ci sarà tempo. Lo farò.
Ordunque, tutto questo volteggiar di parole per dire che…ah ecco, parlavamo di come nulla cambi!…Si evita volutamente la citazione, “è necessario che tutto cambi perché nulla cambi”, grazie.
Negli ultimi giorni abbiamo assistito – certo, oltre che all’insediamento della nuova compagine politica regionale – a fumo, fiamme, fuoco, tradotto in termini onomatopeici sarebbe, “BOOM!”.
Il tutto seguito da attestati di solidarietà a pioggia…anzi che dico, a tempesta, anzi che dico…a tsunami. Abbiamo assistito anche ad un altro atto di violenza perpetrato, stavolta ai danni di un ragazzo che in pubblica piazza è stato aggredito. Anche in questo caso – ovviamente – attestati di solidarietà a pioggia, a tempesta, a tsunami.
Dov’è lo tsunami, però? Ecco, diciamolo, dov’è?
No perché, io vi vedo tutte le volte solidali e basta! Oppure vi leggo, tutte le volte, gridare alla vergogna e basta! Più o meno accade questo, succede un fatto grave, increscioso, deplorevole e l’unica reazione che abbiamo è quella social che viene così scandita, “Vergogna! Solidarietà!”, Fine. Manca tutto il resto e non provate a chiedermi cosa sia o vi risponderò che sono solidale con voi e griderò alla vergogna per essere al passo con la moda che ci vede tutti in fila solidali e immobili, lanciando parole infuocate al grido di vergogna, e poi immobili.
Vi vedo già che corrucciate la fronte cercando di capire dove voglia arrivare e se state pensando che io non sia indignata quanto voi, vi sbagliate. Non solo sono indignata, sono preoccupata. Sono preoccupata perché, senza accorgercene, in questa città che ognuno di noi crede di amare più di tutti, si profila la nascita di un nuovo movimento civico popolare.
Il movimento civico della “Vergogna e della Solidarietà” e siamo tutti militanti di questo movimento, nessuno escluso. Siamo tutti, insomma, solidali verso qualcuno. Solidali e scontati. Solidali e basta. Come se esistesse qualcuno che, sorridendo, dica “ma è proprio bello che ti abbiano fatto esplodere la macchina!“ oppure “è proprio bella l’aggressione, è bella pure la violenza!”.
Ora, è ovviamente vero che atti quali gli incendi delle auto, chiunque sia il proprietario, dalla casalinga che ha sul tavolo la bolletta della luce ancora da pagare al dirigente del partito di qualsiasi fronte, o la violenza ai danni di qualcuno, siano atti che indignano e fanno saltar in piedi sulla sedia. Badate bene, vi scrive chi, anni fa, ha visto quanto alte possano essere quelle fiamme, quanto tutto questo ti faccia sentire impotente, frustrato. E’ altrettanto vero, però, che “da quella sedia” non saltiamo mai davvero, perché, di fatto, gridiamo alla vergogna e ci stringiamo solidali intorno a qualcuno.
Punto, basta, titoli di coda, colonna sonora. The end. Non c’è altro.
Il tributo di solidarietà allora, sciorinato ogni volta con la corsa a chi è più solidale segue la consuetudine formale del “è giusto far così “. La questione però, considerato che viviamo in una città che sembra fuori controllo, è cosa sia DAVVERO UTILE per questa città e quanto, quella solidarietà che scioriniamo ogni volta, possa tradursi in qualcos’altro che non sia la sterile e formale dichiarazione di condanna dei vili atti a cui assistiamo…solidali. La condanna degli atti cui assistiamo impassibili e arrabbiati, sia il fuoco ad un’automobile oppure il pugno sferrato contro la faccia di un musicista, non può arrestarsi alla semplice solidarietà. Serve, umanamente, ma quanto? Poco.
Tutto il resto dov’è? Non ci serve un post sui social o proprio quel post scritto da un dirigente politico o da qualcun altro. È giusto che i cosiddetti dirigenti o uomini di partito condannino atti deplorevoli come quelli che attanagliano la nostra città, ma è anche piuttosto banale dichiararlo se a tutto questo non segue altro. La solidarietà dichiarata, che corre veloce sul wi-fi, abusata pure un po’ dagli invisibili in cerca di autore (scusate, siete tanti!) è una scatola vuota riempita di consensi momentanei fino al prossimo tributo di solidarietà. Di tributo in tributo, di dichiarazione in dichiarazione, di solidarietà in solidarietà, di violenza in violenza…e intanto nulla cambia.
Allora, cosa c’è oltre quella dichiarazione di solidarietà? Ditemelo e sarò solidale con voi, ma in silenzio senza rivolgervi tributo. Vale lo stesso, no?
Ps. So che tutto questo non arresterà la vostra corsa alla solidarietà e non ho tale presunzione. Mi basterebbe che ogni tanto ci liberassimo degli indumenti inutili, della formalità, dell’etichetta sterile e impolverata e ci concentrassimo solo sulla sostanza, e neanche questa è una presunzione, è una speranza.