Gela. Ha negato di essere l’imprenditore dei Rinzivillo
ed ha risposto alle domande del giudice delle indagini preliminari del tribunale di Caltanissetta.
Ha risposto al giudice. Il sessantanovenne Emanuele Catania, finito in manette nell’ambito dell’indagine antimafia “Extra Fines, si è difeso durante l’interrogatorio di garanzia successivo all’arresto. Per gli investigatori, le sue aziende, da decenni impegnate nel settore del commercio ittico all’ingrosso, sarebbero state a disposizione del presunto nuovo boss Salvatore Rinzivillo, fratello degli ergastolani Antonio e Crocifisso.
Catania, difeso dall’avvocato Giacomo Ventura, ha ricostruito i contorni essenziali della sua attività e ha confermato di conoscere i Rinzivillo, senza però aver mai avuto legami d’affari. Una conoscenza maturata in giovane età, ma che non avrebbe avuto altri sviluppi. “Ho sempre denunciato le richieste estorsive subite”, ha precisato al gip nel corso del suo lungo interrogatorio. I magistrati nisseni e quelli romani, che stanno coordinando la doppia inchiesta “Extra Fines”/”Druso”, hanno emesso un provvedimento di sequestro che ha riguardato tre aziende riconducibili all’imprenditore. In base alle accuse, l’interesse dei fratelli Rinzivillo, ed in particolare quello di Salvatore Rinzivillo, si sarebbe concentrato proprio sull’affare del commercio del pesce su larga scala, al punto da coinvolgere figure di spicco della criminalità organizzata palermitana. Emanuele Catania è attualmente detenuto.