Gela. Il fallimento della cooperativa Comeco e il licenziamento dei suoi 100 dipendenti era come una morte annunciata. Il Direttivo del Sel (Sinistra e Libertà) di Gela ha denunciato l’attuale processo di deriva portato avanti dal Governo regionale e nazionale e dall’ENI contro Gela, contro le imprese locali e i lavoratori del sito industriale.
Ma le responsabilità sono anche del sindaco. “La comunità gelese è guidata da una casta di sindacalisti – accusa il presidente Emanuele Amato – i quali, invece di portare avanti battaglie in difesa del territorio (ambiente e salute) e dei lavoratori pensano ad assicurare il posto ai familiari dentro la fabbrica e, quel che è peggio, continuano a rappresentare a livello apicale sigle sindacali di prestigio. Alcuni anni fa denunciai che i sindacalisti barattavano i posti di lavoro, ancora oggi non è cambiato nulla: accade la stessa cosa. Poco importa se siano figli o amici”. “Oggi muore la Comeco – conclude Amato – ieri la Socover, Lavema la cooperativa Maria D’Alemanna, domani verosimilmente toccherà all’Implaca, poi alla Sicilgrù e così via, per buona pace dell’ENI, della Confindustria e della Lega delle Cooperative.
Se, da un lato, il blocco degli investimenti per circa 250 milioni di euro sul territorio di Gela da parte del Ministero dell’Ambiente, scopre le bugie di un governo nazionale lontano dagli interessi dei siciliani e di un governo siciliano subalterno e incapace di alzare la voce a difesa dei siti industriali esistenti, dall’altro lato l’ENI, a Gela, mette all’ultimo posto ogni interesse per strategie industriali e investimenti utili a rilanciare globalmente l’economia isolana. Tutto ciò, da qualche anno, ha prodotto la fuoriuscita di alcune imprese locali dalla raffineria di Gela con la perdita dal ciclo produttivo di centinaia di lavoratori.
Oggi muore l’ennesima cooperativa, la CO.ME.CO. circa 100 lavoratori si aggiungono alla pletora di maestranze locali qualificate che non hanno più lavoro.
I dirigenti del SEL di Gela così come i lavoratori e le imprese locali sono stanche di subire e chiedono con forza di fermare l’emorragia destrutturante da parte dell’ENI sul sito industriale di Gela e, piuttosto che subordinare alla questua le legittime aspettative di lavoro e di commesse dei lavoratori e delle imprese locali, mantenga gli impegni assunti.
Urge, dunque, rivedere una nuova strategia compartecipata per indurre l’ENI a non far spegnere definitivamente le poche aziende e cooperative locali, con l’intento non più nascosto di favorire l’ingresso di nuove imprese del nord.
Le istituzioni e i politici locali che cosa discutono con i vertici della Raffineria?
I cittadini di Gela aprano gli occhi anche nel selezionare chi li rappresenta e li governa perché non perdano, ancora una volta, l’occasione di rilanciare e riscattare un tessuto economico, sociale e ambientale vessato nel ventre del proprio suolo.
L’impegno del SEL, la cui prerogativa principale è la cultura di tutela dell’ambiente, deve rappresentare politicamente il valore del lavoro in quanto massima espressione della personalità, della creatività, oltre che della dignità e libertà della persona.