Denaro a strozzo, due testimoni: “Non c’era usura nei prestiti dei Di Giacomo”

 
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Gela.
Un semplice prestito da ventimila euro e non, invece, una concessione di denaro a strozzo con tanto d’interessi.

Il particolare emerge dalle dichiarazioni rese da due testimoni chiamati a deporre nel corso del processo che si sta celebrando a carico di Orazio Di Giacomo e del figlio Paolo Quinto, accusati di essere dietro un giro d’usura che avrebbe travolto un imprenditore locale ed il padre.
“Ricordo di aver fatto da intermediario – ha spiegato in aula il titolare di una rivendita di materiali inerti – fu G. L. a chiedere il mio intervento. Capii, però, che non aveva adempiuto al pagamento di un debito che aveva contratto con Orazio Di Giacomo. Per questa ragione, me ne tirai fuori. Lo stesso negò di dover pagare interessi”. Davanti alla corte presieduta dal giudice Paolo Fiore, affiancato dai magistrati Manuela Matta e Patrizia Castellano, ha deposto anche l’imprenditore F. F.
“Ho conosciuto Orazio Di Giacomo in carcere – ha spiegato – prima lo vidi solo di sfuggita nel piazzale dell’Aias di Borgo Manfria dove lavorava. Fu G.L. ad accompagnarmi lì. Lui avrebbe dovuto garantirmi un prestito e, così, mi condusse da Di Giacomo che era un suo socio d’affari”.
Le dichiarazioni rese in aula dai due testimoni sono state contestate dal pubblico ministero Elisa Calanducci che, non a caso, ha annunciato di voler verificare la loro attendibilità.
La sentenza, adesso, potrebbe arrivare già a conclusione della prossima udienza del 3 aprile. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giovanni Lomonaco e Michele Micalizzi.

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