Gela. «Non si può non essere profondamente preoccupati per le indiscrezioni che trapelano negli ambienti dell’Eni, che annunciano per il petrolchimico di Gela tagli e cassa integrazione per alcune centinaia di lavoratori (circa 500) e soprattutto non si può non reagire». Lo dichiara Rosario Crocetta, eurodeputato del Partito democratico e già sindaco di Gela.
«La crisi siciliana dell’Eni – aggiunge – non è la crisi dello stabilimento di Gela, ma piuttosto la crisi dell’intero gruppo Eni che rispetto ai cambiamenti epocali che ci sono in corso in materia energetica, non si è dato una strategia senza l’utilizzo del petrolio e del pet-coke. Sono tre anni che a Gela – prosegue Crocetta – l’Eni produce in deficit.
Si potrebbe dire che le annate buone, che sono state tante e nelle quali si sono prodotti grandi profitti, sono state legate solamente alle quotazioni del petrolio e quindi, era facilmente prevedibile la necessità di cercare un’alternativa al modo attuale di produrre energia e di raffinare.
L’Eni deve cambiare fortemente la sua strategia, puntando in territori come Gela alla produzione di energie rinnovabili ed ecosostenibili che determinano nuovi posti di lavoro, non inquinano e usufruiscono di grandi incentivazioni.
L’Eni non può chiudere il rapporto con Gela dicendo ‘siccome ci va male chiudiamo, ma ha un dovere politico, economico e morale rispetto a un territorio di cui ha condizionato lo sviluppo, un territorio devastato sul piano ambientale». «Non si può dire, infatti, ‘abbiamo sbagliato tutto e adesso chiudiamò, ma si devono indicare progetti chiari di sviluppo di altre produzioni e di recupero di un patrimonio ambientale e naturale – conclude l’eurodeputato Pd – che era tra i più belli del mondo ed è stato profondamente deturpato».