Gela. Avrebbero tutti avuto un ruolo nel fallimento e nel presunto depauperamento delle casse del consorzio Conapro, per anni impegnato all’interno della fabbrica Eni di contrada Piana del Signore.
Per questa ragione, andranno a giudizio. E’ la sorte toccata ai diciotto indagati finiti al centro dell’inchiesta coordinata dai magistrati della locale procura. Il rinvio a giudizio è stato deciso dal giudice dell’udienza preliminare Lirio Conti.
L’unica eccezione è quella di Pasquale Cappello, per il quale il gup ha deciso il non luogo a procedere. Una decisione conforme a quella assunta nei confronti di Biagio Casì, Giuseppe Marrale, Fabio Fasulo e Gaetano Caci.
Per loro il giudice ha deciso il non luogo a procedere solo in relazione ad alcuni capi d’accusa, dal riciclaggio all’emissione di fatture false. Gli stessi indagati, però, dovranno ugualmente comparire davanti alla corte al momento dell’apertura del dibattimento: già fissato per il prossimo 10 aprile.
Nei loro confronti hanno retto le altre accuse contestate. Oltre ai quattro, il rinvio a giudizio è stato deciso ai danni di Luigi Castelluccio, Nicola Ingargiola, Elio Cacioppo, Orazio Caiola, Rocco Pausata, Maurizio Pausata, Tiziana Cacioppo, Giuseppa Marrale, Filippo Sciascia, Francesca Orfè, Daniele Burgio e Giuseppe Passarelli. In base alle contestazioni, avrebbero organizzato un vero e proprio sistema capace di condurre alla “morte” pilotata del consorzio Conapro.
Gli investigatori avrebbero individuato anche una fitta rete di false fatture che sarebbero state emesse da aziende vicine al gruppo per frodare il fisco e assicurare agli indagati ingenti profitti. Il crack Conapro aprì un lungo filone d’indagine che, adesso, arriva direttamente al dibattimento.