GELA. Maurizio La Rosa non parla ma ci tiene a sottolineare di non essere un collaboratore di giustizia. Lo ha fatto in tribunale a Catania nel processo contro il presidente della Regione, Raffaele Lombardo e il fratello Angelo.
C’era attesa per la sua deposizione, in quanto imputato di reato connesso. La Rosa, assistito dall’avvocato Dino Milazzo, continua ad essere recluso ad Ancona. Era citato come testimone ma si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ha soltanto detto di non essere un pentito di mafia.
L’udienza è stata rinviata al prossimo 3 aprile. «Ritengo che la posizione del presidente della Regione Siciliana resti assolutamente serena» perchè «la prova di oggi ha avuto un esito assolutamente favorevole alla difesa». È la valutazione dell’avvocato Guido Ziccone, che assiste Raffaele Lombardo, sulla deposizione di due pentiti e di un imputato di reato connesso al processo per reato elettorale in cui sono imputati, davanti al giudice monocratico di Catania, il governatore e suo fratello Angelo, deputato nazionale del Mpa.
«Abbiamo sentito – ha aggiunto il penalista – una testimonianza che raccontava fatti de relato, attraverso un altro de relato. Un momento di questo collegamento è venuto meno perchè Maurizio La Rosa, in qualità di imputato di reato connesso, si è avvalso della facoltà di non rispondere. Sulla deposizione di Maurizio Di Gati ci sono delle contraddizioni».
Il legale di La Rosa, l’avvocato Dino Milazzo, ha spiegato la scelta del suo assistito di avvalersi della facoltà di non rispondere, sottolineando che «non è un collaboratore di giustizia». «La Rosa – ha aggiunto il penalista – ha detto diverse volte ai pubblici ministeri che non può riferire su fatti di consorterie mafiose perchè lui è estraneo alla mafia».
Ha invece parlato non solo di Lombardo, ma di collegamenti con Gela Francesco Ercole Iacona. «Maurizio La Rosa mi disse che ad Agrigento potevamo appoggiare il presidente della Regione Raffaele Lombardo dando il voto a Enzo Cirignotta, candidato a Gela, e a suo cognato, tale Pepe o Pepi, non ricordo. Ciccio La Rocca lo teneva in mano sua, a Lombardo, lo giostrava». Lo ha affermato il collaboratore di giustizia nisseno Francesco Ercole Iacona deponendo in videoconferenza a Catania all’udienza del processo per reato elettorale al presidente della Regione Raffaele Lombardo e a suo fratello Angelo, deputato nazionale del Mpa, che si celebra davanti al giudice monocratico.
Dopo Iacona è stato sentito Maurizio Di Gati, imputato di reato connesso, appartenente a Cosa nostra agrigentina, che ha definito all’epoca «il Mpa ben portato a Catania, nella provincia e nella Sicilia orientale». Di Gati ha sostenuto di avere avuto queste indicazioni da Angelo Di Bella, uomo d’onore di Canicattì, che a sua volta avrebbe ricevuto l’input dal mandamento di Pagliarelli di Palermo. «Avevamo l’ordine di votare il Mpa – ha aggiunto – in quanto era un buon partito per noi e per il nostro deputato. Se avessimo fatto aumentare l’Mpa in Sicilia avremmo ottenuto appalti». Per questo aveva sentito parlare di 40 euro promessi a voto a famiglie bisognose. Ma il pentito ha poi precisato che le aspettative andarono deluse perchè, ha spiegato, «a Racalmuto non è stato ottenuto nessun appalto» e ha detto di «non sapere come era andata a Canicatti».