Colpita da una tromba d’aria e dalla burocrazia: Il caso dell’azienda Vacirca

 
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Gela.
Nel novembre 2003 una tromba d’aria ha spazzato via la sua impresa agricola. Dopo 11 anni, una sentenza del Tar rischia di cancellare definitivamente l’azienda Oasi Bio del ventinovenne Marco Vacirca e con essa i sogni di due giovani imprenditori e quella di cinque lavoratori, costretti a inserire i loro nomi nella lunga lista di disoccupati.

Il Tribunale amministrativo ha negato alla “Oasi Bio” i contributi finalizzati alla ricostituzione del patrimonio agricolo danneggiato pesantemente da calamità naturali previsti nell’ambito regionale Por 2000-2006. Ha avuto ragione l’Ispettore Provinciale che ha revocato il decreto di concessione del contributo perché non sono stati rispettati i tempi di esecuzione dei lavori previsti dal bando.
“Il provvedimento del Tar ignora la motivazione che ci ha costretti a ricorrere alle vie legali – spiega Marco Vacirca – Infatti, l’Assessorato regionale delle Risorse Agricole e Alimentari ha calcolato un contributo non congruo per ripristinare i danni subiti, approvando un preventivo con una tabella di costi vecchia dieci anni. Invece di 500 mila euro di somme destinate alla ricostruzione, avevano calcolato poco più di 100 mila euro. Una cifra esigua anche per avviare gli interventi. Siamo vittime di una burocrazia che promette e nello stesso tempo toglie. Nel 2004 ci avevano addirittura esclusi dai benefici e solo dietro ricorso straordinario, dopo cinque anni, siamo stati riammessi”.

La battaglia legale è stata seguita dall’agronomo Marco e Andrea (30 anni), economista che ha trovato sbocco occupazionale in Piemonte. Il loro progetto innovativo ha dovuto fare i conti con le avversità ambientali e, subito dopo, con quelle della burocrazia regionale. Marco Vacirca nel 2003 avrebbe voluto ammodernare le serre con un progetto innovativo ma, tra una sentenza del Tribunale amministrativo regionale e diversi ricorsi al Cga, ha preferito aderire ad un progetto del Ministero agli Affari esteri, trasferendosi in Pakistan.
A raccontare la difficoltà ad investire in città, nonostante le risorse dell’azienda di famiglia, è Francesco Vacirca, il quale non nasconde la propria impotenza per non essere riuscito a trattenere i suoi due figli, professionisti nel settore, costretti ad emigrare altrove. Secondo il giudice del tar, il titolare della Bio Oasi “avrebbe dovuto iniziare i lavori, ultimarli e chiedere il collaudo delle opere realizzate entro il termine previsto dal bando, giudicandolo mai sospeso o interrotto”.
Secondo il legale della Oasi Bio, Lucia Di Salvo, che annuncia ricorso al Cga, l’Ispettorato agricoltura non avrebbe dovuto revocare il decreto di concessione in attesa delle decisioni del Cga.

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