Gela. Sono accusati di non essere intervenuti tempestivamente per bloccare una cospicua e continua perdita d’idrocarburi da una delle tubature collegate al serbatoio S314 dell’isola 28 dello stabilimento Eni di contrada Piana del Signore.
Nel corso di diversi mesi, sarebbero stati sversati almeno centomila litri di benzina: praticamente, quasi un litro e mezzo al minuto. Così, sotto processo sono finiti quattro funzionari locali della multinazionale, compreso l’attuale amministratore delegato di raffineria Bernardo Casa.
I magistrati della procura, inoltre, hanno chiamato a rispondere la stessa società raffineria di Gela spa. Ieri mattina, si è aperto il dibattimento nei confronti di Bernardo Casa, Salvatore Losardo, Paolo Di Mario e Giuseppe Torrisi. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Gualtiero Cataldo, Piero Amara, Antonino Gagliano e Attilio Floresta.
Nonostante si siano analizzate solo le prime questioni procedurali, un accesso botta e risposta è andato in scena quando si è trattato di ammettere la costituzione di parte civile degli enti locali e di due associazioni della sfera ambientalista.
“Le parti civili – hanno spiegato i difensori degli imputati – non possono essere ammesse al dibattimento perché, già in fase di udienza preliminare, la loro presenza era stata giustificata a tutela d’interessi diversi da quello ambientale”. Linea completamente contestata dagli avvocati Joseph Donegani, Antonino Ficarra, Stefania Valente e Maria Concetta Cosentino.
“La presenza delle parti civili – hanno replicato – serve a garanzia d’interessi diffusi che riguardano l’intera collettività”. Ricostruzione sposata dal pubblico ministero Silvia Benetti e, alla fine, anche dal giudice Domenico Stilo che, nonostante l’opposizione giunta dalla difesa degli imputati, ha ammesso tutte le parti civili: l’ente comunale, quello provinciale, le associazioni Amici della Terra e Aria Nuova.
Il dibattimento è stato rinviato al prossimo 12 febbraio. Già allora, verranno sentiti tre operatori della guardia costiera che effettuarono gli accertamenti sulle perdite, stando all’accusa, non arginate dagli imputati.